Auguri

Pubblicato in Uncategorized | Lascia un commento

La nebbia – primo episodio

Ogni domenica mattina, molto prima che la calura estiva rendesse l’aria infuocata, Giovanni con la bicicletta, percorrendo irti tornanti si recava a Tuoro. Nel piccolo paese, il suo amico Alfredo proprietario del bar ristorante, l’aspettava e per tradizione gli offriva un cornetto e un cappuccino, come prima colazione.

Appena squilla la sveglia, dopo averla fermata, si accorge che è ancora buio. Si avvicina alla finestra e aperte le persiane vede che la nebbia notturna tardava a diradarsi. Ritorna a letto e riprende subito sonno perché il sabato sera aveva fatto molto tardi partecipando a una cena con gli amici proprio al ristorante di Alfredo.

Quando si sveglia, dopo circa due ore, si accorge che la nebbia iniziava a svanire, anche se molto lentamente. Dopo colazione e quando il sole iniziò a superare la nebbia fu pronto per la solita passeggiata domenicale.

Dopo l’ultimo tornante, di solito, le prime case di Tuoro apparivano alla sua vista. Quella mattina non apparvero, Quando si avvicina, deve frenare bruscamente per non cadere in un fossato enorme e geometrico.

Alfredo di buonora era già sceso nel ristorante per sistemarlo, in quanto gli avanzi della cena erano ancora sparsi ovunque.   

Mentre libera i tavolini, la voce di Natalina lo sorprende: – Papà hai visto il cielo come è strano, stamattina?

– Non ancora. Era ancora notte quando sono sceso nel ristorante per rassettarlo. – È proprio molto strano. Vieni a vederlo.

Escono dal bar e Alfredo alza la testa, poco convinto dalle parole della figlia  

Il cielo che gli appare è veramente strano. Il colore è azzurro intenso. Quello che nota è l’uniformità del colore. Sembra come fosse dipinto. Ancora più strano è che il sole ancora non compare.

Osservandolo meglio si accorge che in alto, sulla sua testa, il cielo sembra più vicino delle zone laterali.    È come se fosse una semisfera.

Arrivano alcuni clienti del bar. Tutti sono meravigliati dello strano fenomeno. Mentre discutono sulle varie ipotesi, arriva Pasquale che comunica una strana notizia: – Stamattina sono sceso nell’orto, sembrava tutto normale ma oltre il confine c’era un terreno che si estendeva a vista d’occhio. Le colline e il bosco che prima erano all’orizzonte sono spariti. Molto lontano ho visto vari luccichii.

Alfredo insieme ad altri si reca dal sindaco della piccola cittadina per informarlo del fenomeno. Ma dal sindaco trovano uno studente di astronomia che con il suo cannocchiale ha scoperto che i luccichii non sono altro che cupole. Non ha visto il sole né altri pianeti. Ha così immaginato che il cielo sia una semisfera che isola la cittadina nello strano pianeta, ammesso che sia un pianeta.

Altra notizia che ricevano è quella di una assemblea dei capifamiglia per il giorno successivo, nella quale saranno comunicati chiarimenti in merito al fenomeno e disposizioni per la nuova situazione dei cittadini.

Anche se sconvolgente il chiarimento nell’assemblea è il seguente:

“La cittadina è stata interamente sistemata su un pianeta senza atmosfera. Le cupole sono alimentate con aria respirabile dagli umani.

Nel sottosuolo è sistemato un deposito dove tutte le famiglie dovranno sistemare prodotti degli orti, che saranno ritirati ogni venticinque giorni, attraverso un sistema di traslazione, così come è stata traslata la nostra cittadina.

 Tutte le famiglie dovranno provvedere a riempire il deposito, sarà necessario che molti diventino coltivatori pe sfruttare molti ettari di terreno al momento incolti.   

Vita normale. Il bar funziona ma senza caffè non prodotto. Vino, premute varie e succhi di frutta saranno le uniche bevande, oltre la grappa che sarà ottenuta dalle vinacce delle viti. Quest’ultima era già prodotta da alcune famiglie.

L’accesso al deposito è consentito solo ogni venticinque giorni per depositare i prodotti.

La scuola elementare e la media funzionano, così come la piccola chiesa.

Nessun altro chiarimento e né contatti con eventuali alieni.”

Giovanni interviene e chiede, allo studente: – Ma la nebbia durata tanto tempo stamattina è collegata al fenomeno di spostamento del paese?

Può darsi. Ma, al momento, può solo essere un’ipotesi.

Pubblicato in Uncategorized | 2 commenti

Serie: W le donne

n° 9 Rosa – olio su cartone telato cm.40 x 50

n°16 Margherita – olio su cartone telato cm.40 x50

n° 25 Giada – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n°29 Ambra – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n° 30 Gigliola – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n° 24 Ombretta – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n° 27 Dalia – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n° 13 Bruna 2 – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n° 26 Lucilla – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 10 Flora – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 19 Esmeralda – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 15 Viola – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 14 Fiorella – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 23 Chiara – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 12 Fiammetta – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 3 Azzurra – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 2 Bruna – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 7 Aurora – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 8 Bianca – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 22 Selene – olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 11 Bionda- olio su cartone telato cm. 40 x 50

Dalla serie fiori

n° 9 orchidee – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 1 rose – olio su cartone telato cm. 40 x 30

n° 5 gerani – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 13 loti – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 16 tigli – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 17 lilla – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 11 fiordalisi – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 7 iris – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 2 margherite – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 3 rose 2 – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 5 gigli – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 14 tulipani – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 15 betulle – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

n° 10 bonsai – acrilico su cartone telato cm. 40 x 30

Dalla serie vari

4 strane nuvole

n* 2m moda estate olio su cartone telato cm. 40 x 50

n* 3m moda autunno – olio su cartone telato cm. 40 x 50

Pubblicato in Uncategorized | Lascia un commento

Auguri 2022

Auguri per tutti

Pubblicato in Uncategorized | Lascia un commento

Glis glis 11 – Ultimo episodio

L’immagine della terra, osservata dagli schermi, è veramente uno spettacolo apocalittico. I continenti si confondono con gli oceani perché ovunque una cortina di fumo, con sfumature dal nero al grigio, densa di bagliori continui copre l’intera superficie della terra. L’agonia è iniziata, la terra potrà anche sopravvivere ma la vita non sarà più possibile dopo questo infausto periodo geologico. L’apocalisse biblica si sta realizzando.

  •     Possiamo slegarci ora?
  •    Non ti muovere, siamo solo in orbita. Tra poco il vettore sarà proiettato verso la luna, per inserirsi nella sua orbita.
  •    Saremo un’altra volta schiacciati sui sediolini, mi mancava quasi il fiato.
  •   Non credo che questa volta l’accelerazione sarà forte come quella per raggiungere l’orbita terrestre ma è meglio essere prudenti.

Infatti, dopo aver chiuso tutti gli schermi, con un’accelerazione moderata la navicella lascia l’orbita terrestre e inizia la corsa verso lo spazio stabilizzando una gravità nella cabina. Emme si accorge della gravità e lascia il sedile:

  •   Ora possiamo scendere dai sediolini. Tutto si è stabilizzato, l’unico peccato che non vediamo più nulla. Perché si sono spenti gli schermi? Tu certamente sai il perché.
  •   No, non lo so, però posso intuirlo. Evidentemente è per proteggere il sistema di telecamere esterne durante il movimento nello spazio. Se ho ragione vedrai che in orbita lunare gli schermi riprenderanno a trasmettere.
  •    Certamente hai ragione come tecnico sei preparato.
  •    So cosa pensi di me. Forse vuoi sottintendere che, come maschio non sono ancora preparato.
  •    Hai capito? Bravo. Ma non c’è problema perché anch’io come femmina sono piuttosto impreparata.

Mentre si scambiavano queste opinioni, D ed Emme avevano lasciato la cabina spostandosi nel primo vano.  Era una camera super attrezzata, fornita di tutto quello che serviva per sopravvivere durante il viaggio, anche due letti a castello erano sistemati in un angolo. Nell’angolo opposto un armadio dispensa conteneva cibo in scatole o surgelato in apposito contenitore, con fornetto a microonde incorporato. Emme non poté fare a meno di commentare:

  •   Che incoerenti. Prima ci hanno abituato a pranzetti saporiti e ora ci trattano a surgelati.
  •    Assaggiamo qualcosa può anche essere saporito. Sono decenni che il sapore dei cibi è stato chimicamente trattato. Te lo sei dimenticato?

Dopo aver assaggiato il cibo di una scatola, D e Emme dedicano la maggior parte del tempo a studiare sul computer di bordo tutto ciò che riguarda le loro risorse e il loro viaggio.

Le giornate nella navetta passano velocemente, appena al secondo giorno la navetta entra in orbita lunare. D e Emme, avvisati dall’altoparlante, si precipitano nella cabina di pilotaggio. Gli schermi, come previsto da D, si riaccendono ma poco si vede perché stanno sorvolando la parte oscura della luna. Quando arrivano nella parte illuminata, la forte luce del sole quasi li acceca ma gli schermi subito diventano più scuri, sminuendo la luce. Seduti ai posti di guida attendono istruzioni che non mancano ad arrivare. Il computer li avvisa che tra un minuto il pilota automatico smetterà di controllare la navetta e dovranno passare al volo manuale, li avvisa anche che quando avvisteranno la base lunare dovranno atterrare nell’area H.

Tutto procede bene, D effettua un atterraggio perfetto. Appena la navicella si è stabilizzata sull’area H, il computer avvisa di inserire di nuovo il pilota automatico per l’aggancio al razzo madre. Emme guardando dagli schermi nota che navicelle simili alla loro occupano altre aree, alcune aree tuttavia sono vuote. Quando tutte insieme le navicelle si muovono per l’aggancio, Emme conta solo cinque navicelle..

  • D mancano cinque navicelle. Non avevi detto che erano dieci?   È molto strano. Cosa sarà successo?
  • La nostra partenza dal sotterraneo è stata molto rischiosa. Stavamo per rimanere intrappolati nel tunnel. Evidentemente alcuni non sono stati fortunati come noi.
  • Ma dove andremo in solo otto giorni – chiede Emme
  • Ho intuito l’unica possibilità … deve essere un viaggio nello spazio/tempo

Appena le navicelle sono agganciate al razzo madre, si spengono gli schermi, la partenza è immediata. Finita l’accelerazione D e Emme scendono dai sediolini, l’avventura ha inizio. Lo schermo principale dà un ultimo avviso:

DESTINAZIONE COME DA COORDINATE

BUON VIAGGIO

Per contattare compagni di viaggio aprire canale uno sullo schermo della navicella

  • Ecco un suggerimento interessante.

Esclama Emme. D si risiede al posto di guida, Emme lo imita subito. Accendere il canale uno è molto facile per un TC come D. Sullo schermo appare un messaggio:

Per motivi sconosciuti, data la precaria situazione del pianeta terra, sono presenti alla partenza solo cinque coppie:

Acca – B   Emme – D   Enne – E   Erre – G   Zeta – O

Oltre alle immagini delle coppie, sullo schermo appaiono anche le informazioni relative alla loro origine animale, alla località del laboratorio per la loro evoluzione. La lingua parlata è la stessa per tutte le coppie.

Sullo schermo appaiono anche i codici per poter comunicare tra loro o anche in comune teleconferenza.

La prima a parlare, seguendo l’ordine dello schermo, è Acca, Emme e poi le altre.

  •     Ciao amici, io sono Acca e lui è il mio compagno B.
  •     Ciao, io sono Emme e lui è D.
  •     Ciao, io sono Enne, lui E.
  •     Ciao a tutti, io sono Erre e lui G
  •     Ciao compagni, io sono Zeta e lui O

D non può fare a meno di intervenire:

  •     Scusate per il mio intervento ma ho il dovere di interrompere l’inizio di un matriarcato!

La battuta di D genera una discreta allegria, infatti tutti sorridono. Prima che la parola sia presa da un altro subito O interviene:

  •     Bravo D. Io che sono collocato in ultimo gradisco il tuo intervento. Il mio antenato primordiale “Lupus” mi ha lasciato un’eredità combattiva.

Zeta interviene subito:

  •    Anch’io ho la stessa origine … il matriarcato è stato sempre un buon sistema di governo, noi donne siamo più responsabili. Per il momento siamo in parità, cinque e cinque.
  •    Il mio intervento era solo una battuta. Per me siamo sei a quattro, anch’io sono dello stesso parere di Zeta, precisa D.

D vede le coordinate che sono rimaste digitate sullo schermo, le legge mentalmente, quelle coordinate le ricordava, erano le stesse lette sul computer dell’alloggio sotterraneo, cioè quelle della Terra.  Le rilegge ad alta voce: V 330^88 G3^66-III e aggiunge:

  • Sentite tutti. Le coordinate rimaste sullo schermo, quelle della destinazione, sono le stesse della Terra. Non ne sono sicuro ma ho un dubbio.

Questa è una storia senza fine, credo che il programma dell’umanità riprenderà dall’inizio.

È tutto un semplice replay.

fffffffffffffffffffffffffffffffffff

.

  

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato | Lascia un commento

Glis glis 10

M apparve leggermente turbata, D riesce a nascondere il suo timore tentando una distrazione:

  •   Ci siamo. Ora sappiamo anche dove è la navetta.
  •   Sei piuttosto impassibile, anzi sembra quasi che la situazione ti piaccia.
  •   Non è come dici, sono solo interessato per essere pronto il più possibile a tutto. Mentre io cerco altre informazioni sul computer tu vai a irraggiarti. Non preoccuparti la situazione era nelle previsioni, siamo stati destinati a tutto ciò.
  •   Va bene. Ma cosa dobbiamo portarci? Il cibo?
  •   È per questo che cerco altre informazioni, fidati.
  •   Va bene, vado.

Rimasto solo D cerca nella cartella di emergenza i preparativi per la partenza improvvisa. L’unica cosa che trova è una cartella sulla navetta spaziale completa di dati tecnici, dati sul percorso spaziale e istruzioni sull’uso delle attrezzature della navicella. Letto tutto e memorizzato il più possibile raggiunge Emme nella stanza del cilindro.

  •   Ho trovato istruzioni complete nella cartella della navetta-vettore. Come dice il messaggio dobbiamo prendere e indossare solo tuta e casco. Nella cabina del vettore troveremo pronto il bagaglio.
  •   Le istruzioni dicono anche dove siamo diretti?
  •   Sì, stavo per dirti tutto. La navetta-vettore ci condurrà, inserendo il pilota automatico, su un’orbita lunare. Quindi pilotando manualmente, dall’orbita dovremo raggiungere la base lunare, dove dovremo agganciare la navetta all’astronave madre. Rimarremo nella navetta anche alla partenza dell’astronave e durante tutto il viaggio. Il tempo previsto del tragitto fino alla destinazione finale è di otto giorni. Nella navetta troveremo tutto il necessario per la sopravvivenza.
  •    Otto giorni? Così pochi? Non bastano nemmeno per raggiungere Marte. – commenta M
  •   Non sono in grado di risponderti. Chiederò al computer.
  •   Bene. Ma quale è la destinazione finale?  Certamente un pianeta, questo lo capisco. Ma dove è? Quale è il suo nome?
  •    Non lo so. Forse sulla navicella troveremo qualche notizia più chiara.
  •    Ho capito, andremo verso l’ignoto.
  •    Sì, hai ragione. Ricordati che non saremo soli abbiamo altre nove coppie amiche con il nostro stesso destino.

Le quarantotto ore passano velocemente. Emme, tranne la pausa per il pranzo e per la cena, passa la maggior parte del tempo tra la palestra e il cilindro energetico. Il segnalatore del cilindro segna che è stato completato il 95% della radiazione necessaria sia per Emme che per D, risultato questo che può considerarsi accettabile. D ha indossato la tuta spaziale e il casco per controllare la navicella spaziale. Nella palestra ha individuato facilmente il meccanismo di apertura per accedere al vano di accesso alla navicella, come suggerito dal computer. Il vano è una camera di decompressione perché la navicella è sistemata in una rampa di lancio in un tunnel. D osserva tutto ma non si avvicina alla navetta, ritorna nella camera di decompressione e quindi nella palestra perché ormai mancano pochi minuti alla partenza e non vuole lasciare sola Emme.

  •    Ora indossa anche tu la tuta. Sono andato a vedere la navetta. È abbastanza grande per due persone.
  •     Sarà perché la nostra permanenza nella navicella deve durare tutto il viaggio. Otto giorni, hai detto. Vero?
  •    Esatto. Non capisco perché dobbiamo viaggiare agganciati all’astronave madre e non su di essa, insieme ai nostri compagni di viaggio. Tu Emme cosa ne pensi?
  •   Non capisco nemmeno io il motivo ma se così è stato prestabilito significa che è una necessità.
  •   Sicuramente hai ragione. A pensarci bene potrebbe essere una precauzione in caso di incidenti. È chiaro che anche a destinazione dovremo dall’orbita scendere sul pianeta.
  •   È proprio questo potrebbe essere il motivo. La precauzione che ogni coppia, tranne nel viaggio interstellare, sia indipendente al momento dall’atterraggio.
  •   Perché dici atterraggio? Non conosciamo nulla del pianeta.
  •   Se è un pianeta sul quale dovremo vivere certamente la terra sarà presente. Atterreremo certamente sulla terra.

Il suono di una sirena mai vista e un avviso di partenza, ripetuto due volte, da un altoparlante si diffonde in tutta la base. Emme indossa la tuta e il casco.

D, che ha già indossato la tuta, prende dalla stampante alcuni documenti inerenti alla navetta e al viaggio.  Quando sono vicino alla navetta, Emme non può fare a meno di esclamare:

  •    Come è grande! Avevi proprio ragione.
  •    Ti sento. Siamo in collegamento. Questo non me lo immaginavo proprio.
  •    Io me lo immaginavo, la comunicazione tra i caschi spaziali è antiquata.

–  La solita saputella! Ecco la nostra casa per una settimana. Ho letto le istruzioni per aprire il portello. Ecco devo girare contemporaneamente queste due leve.

D ed Emme entrano. Appena automaticamente si chiude la porta, sentono il fruscio dell’aria che riempie la camera. Nella camera notano due contenitori trasparenti la cui funzione è chiara, servono per lasciare le loro tute spaziali e i caschi. Rimangono con le due tute cucite da Emme, capiscono allora perché il computer dell’alloggio aveva loro consigliato di confezionarle. Il primo locale che trovano, usciti dalla camera di decompressione, ha l’aspetto di un deposito, varie confezioni di dimensioni diverse sono riposte in armadi trasparenti. Emme vorrebbe curiosare ma D la ferma:

  •    Non abbiamo tempo, vieni troviamo la cabina di pilotaggio. Dopo vedremo il contenuto.
  •    Va bene capo! Risponde ironicamente Emme.

La cabina di pilotaggio è proprio il locale successivo.

I posti di pilotaggio sono due. Mentre prendono posto e D sta per redarguire Emme della sua trascuratezza nelle lezioni di pilotaggio, la navetta incomincia a vibrare prima leggermente poi, dopo due scossoni, ritorna la calma.

D ed Emme con immediato sincronismo prendono posto velocemente sui sedili, intuendo un eventuale pericolo. Le cinture automatiche li legano ai sediolini. Il posto di comando è esattamente come il simulatore.

D accende il computer di bordo e, dopo una verifica veloce dello stato della navicella effettuato dal computer stesso, accende i motori.

Appena accende i motori la cabina cambia aspetto. Davanti, sopra, di lato e sotto ai loro piedi si accendono enormi schermi che come se fossero vetri permettono una visione totale dell’esterno. Lo schermo del computer di bordo avvisa per l’inserimento del pilota automatico.  D inserisce il pilota proprio mentre la navicella ricomincia a vibrare. Lentamente la navicella corre sui binari verso la luce alla fine del tunnel.

Attraverso gli schermi i due apprendisti astronauti osservano, con un certo timore, le pareti del tunnel che mostrano segni di lesioni e sgretolamento della roccia.  Ancora pochi minuti e forse la partenza sarebbe stata impossibile. Quando finalmente la navicella esce dal tunnel, l’accelerazione è subito al massimo, D ed Emme si sentono immobilizzati sui sedili dalla forza di propulsione. In silenzio attendono il prossimo evento, sono spaventati come primo “lancio” ma coscienti ambedue dell’importanza della missione. Pochi minuti e la navicella è in orbita intorno alla terra, la forza di propulsione diminuisce, Emme è la prima a parlare:

  •   Che esperienza bellissima. Però ho avuto molta paura quando ho visto il tunnel che si sgretolava.
  •   Guarda la terra. Sembra un enorme campo di battaglia.

fffffffffffffffffffffffffffffff

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato | Lascia un commento

Glis glis 9

D aveva convinto M di esercitarsi al simulatore di volo ma i risultati erano stati piuttosto modesti …

  • Perché non ti impegni di più? Sembra che non hai voglia di imparare a pilotare.
  • Sì, hai ragione. È importante che impari bene tu che sei più portato.
  • Non sono d’accordo. Devi imparare bene anche tu. Siamo solo noi due e nel caso di un mio eventuale impedimento, dovuto a qualsiasi causa, devi provvedere tu a pilotare. Ricorda che i piloti sono stati sempre due fin dai tempi dell’antico volo a elica.
  • Va bene. Ci proverò con maggiore impegno. Contento? Ho imparato bene il volo automatico … Già è qualcosa!

Tutte le sere dopo cena, ormai diventato perfettamente umano, D passava ore seduto al computer. Una sera scoprì per caso una cartella il cui nome destò il suo interesse.

STUDIO PER LO SVILUPPO DI UN PIANO DI SOPRAVVIVENZA ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE DI ORGANISMI VIVENTI DI NATURA NON UMANA.

Era notte fonda quando M si svegliò e si trovò sola, non era una novità D si coricava sempre dopo di lei. Questa volta il ritardo era veramente troppo, M si alzò e andò a cercare D.

  • Cosa fai ancora al computer?  È molto tardi. Perché non vieni a letto?
  • Ho trovato la nostra nascita.
  • Perché non la conoscevi già? 
  • Vieni qua, siediti. Non è la nascita personale mia o tua ma è il progetto base dell’evoluzione di organismi non umani, come noi.
  • Veramente? Interessante …Fammi vedere.

Insieme, davanti al computer, trascorsero l’intera notte. Il progetto era molto dettagliato e conteneva dettagli sul percorso evolutivo. D e M scoprirono così che in tutto il mondo, per lo meno nelle comunità più scientificamente dotate, erano stati sviluppati laboratori per l’evoluzione degli esseri non umani. Scoprirono anche perché erano stati scelti “animaletti” di specie diverse e non esseri umani. L’ambiente terrestre, anche quello protetto dalle cupole, era infettato da virus e germi: iniziati nel lontano 2019 con il virus Covid 19. Nel 2025 il virus Covid tornò più forte del primo. Malgrado gli sforzi possibili, la scienza non riusciva a debellare.

Il Covid 25 reagiva ai tentativi scientifici modificando velocemente la sua struttura. Questa modifica non solo permetteva l’immunità ma anche l’assimilazione dei farmaci che dovevano combatterlo, trasformandoli in sostanze nutritive spesso altamente energetiche.

La razza umana si era talmente indebolita che la sua sopravvivenza, anche in ambienti sterili, era a rischio. Tutto ormai era contaminato. Questo era il motivo che spinse la ricerca di un’eventuale evoluzione di piccoli animali molto resistenti, isolati e allevati in laboratori più o meno naturali e sterili. Dieci laboratori, stando agli ultimi dati trovati, su tutto il pianeta stavano raggiungendo risultati validi. Dieci laboratori significavano dieci coppie evolute. Non erano soli allora. Come avrebbero fatto a trovare gli altri? Questo non era precisato perché la cartella non era stata più aggiornata dalla fatidica data 21/03/2065.

Se la scoperta del progetto di sopravvivenza aveva chiarito la loro conoscenza, aveva prodotto altri dubbi sul futuro. L’ultima parte del progetto, anche se non completa, presupponeva la partenza dal pianeta. Il simulatore di volo era predisposto per una navetta spaziale non per un razzo vettore. Una navetta non poteva viaggiare nello spazio con tempo e distanza limitata, impossibile raggiungere un eventuale altro pianeta. Forse la soluzione era programmata ma, anche approfondendo l’interrogativo con M, D non aveva intravisto soluzioni.

Altro interrogativo era l’esistenza di dieci coppie. Questo significava un eventuale riunione delle coppie al momento della partenza. In parte il secondo interrogativo chiariva il primo, forse le navette dovevano raggiungere una base di partenza. Ma dov’era la navetta spaziale? La logica la situava vicino all’alloggio sotterraneo. Ma dove? D interrogò anche il computer ma non ebbe risposta.

Meticolosamente ispezionò tutto l’alloggio, compreso i box e la palestra, cercando eventuali passaggi celati o vani adiacenti ma tutto fu inutile. L’unica cosa che trovò, in un comparto dell’armadio nel locale letto, furono due tute spaziali con relativo casco e un piccolo respiratore posteriore, certamente di nuova generazione.

Dopo due settimane dalla discesa nell’alloggio sotterraneo, grazie alle radiazioni del cilindro, il fisico di M e D aveva raggiunto fattezze umane complete. Mancavano solo una quarantina di ore per poter abbandonare la seduta di irraggiamento nel cilindro.

M consigliata dal computer aveva confezionato due abiti, uno per lei e uno per D. Aiutata da alcuni automatismi connessi. Erano molto “eleganti” perché brillanti e di colori vivaci, merito del materiale plastico di cui erano formate. Materiale prodotto dalla particolare stampante. L’unica difficoltà Emme l’aveva trovata nel taglio, anche se predisposto dal computer. La saldatura a caldo delle parti invece era stata molto semplice. La principale caratteristica degli abiti era la sua aderenza al corpo per l’elasticità del materiale stesso. Quando Emme aveva provato il suo abito D era rimasto entusiasta e non aveva potuto fare a meno di commentare:

  •   Questa tuta aderente mette in mostra tutta la tua femminilità! Sei proprio diventata una donna piacente.
  •   Prova la tua. Così vediamo anche tu come stai.
  •   Subito. Ma non ti aspettare nulla, il mio corpo non ha curve da esaltare.
  •   Curve non so, ma muscoli ben sviluppati ne hai.

Era vero negli ultimi tempi mentre Emme era sempre più femminile D aveva sviluppato un buon apparato muscolare, era stato ovviamente programmato per essere maschio secondo il vecchio concetto naturale. I maschi e le donne da molte generazioni avevano corpi abbastanza simili. Il vecchio “concetto naturale” era stato considerato valido per la sopravvivenza. Una donna e un uomo con corpi sani e primitivi ma con una mente evoluta, il progetto di una nuova umanità. Una partenza iniziale per ricominciare una futura involuzione della specie questo era stato il commento di alcuni pessimisti scienziati.

Il suono improvviso di una sirena intermittente spaventa M e D, immediatamente raggiungono la stanza del computer per verificare cosa stia succedendo. Quando raggiungono la stanza, il messaggio è già sul computer:

EMERGENZA – ENTRO 48 ORE LA BASE DEVE ESSERE LASCIATA. IRRAGGIARSI QUANTO PIU’ POSSIBILE PER COMPLETARE IL LIVELLO EVOLUTIVO. INDOSSARE LE TUTE E IL CASCO AUTORESPIRANTE PER RAGGIUNGERE LA NAVETTA. IL VANO PER L’ACCESSO ALLA RAMPA DI PARTENZA È STATO PREDISPOSTO NELLO SPAZIO PALESTRA.

ffffffffffffffffffffffffffffff

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato , | Lascia un commento

Glis glis 8

D lasciò la palestra ed entrò nello studio, voleva studiare un poco di astronomia. Quando si sedette al computer si accorse che aveva sbagliato studio non era quello astronomico, era quello di cultura generale. Accese lo schermo panoramico, il trovarsi in mezzo alla scena l’aveva affascinato, volle riprovare.

Nel sommario degli avvenimenti scelse “catastrofi”. La scelta fu guidata dalla sua curiosità sugli ultimi avvenimenti, pensava di riuscire a capire qualcosa di quello che stava accadendo.

L’elenco delle catastrofi era solo una cronologia, per cui la scelta era solo di una data, quale scegliere? Quante possibilità aveva di poter trovare quella che l’interessava? Scelse l’ultima, 21 gennaio 2065 la data più recente. Questa data la ricordava perché era quella dell’ultimo aggiornamento del computer.

Aprì il file e attese la ricerca spostandosi su una poltrona di prima fila, il posto computer era troppo vicino allo schermo per una visione tridimensionale. Appena seduto si trovò al centro di un cataclisma, non molto chiaro. D non aveva mai visto qualcosa di simile, nelle sue ricerche al computer del laboratorio. Era un fenomeno a lui sconosciuto, ne vi era un sonoro che spiegasse ciò che accadeva. Guardò il telecomando che aveva preso prima di spostarsi sulla poltrona, il Led del tasto “mute” era in funzione; provò a spingerlo ma il led non si spense. Non sapendo cosa fare, ritornò al posto del computer e solo allora si accorse del messaggio scritto sul piccolo schermo:

IL FILE SCELTO MANCA DI SONORO.

LA REGISTRAZIONE VIA SATELLITE NON

E’ AVVENUTA IN MANIERA REGOLARE.

Per verificare stato del file cercare opzione dati.

Fidando della sua capacità di analisi, ritornò in poltrona. Si trovava al centro di un fenomeno strano, lo spazio era attraversato da tenui raggi rosa, quasi invisibili che si curvavano e si intersecavano per alcuni istanti, dopo l’intersezione i raggi sparivano per qualche decimo di secondo. Il fenomeno era ripetitivo senza alcuna variazione. D attese un poco poi, visto che non cambiava niente, ritornò al computer e spense il file. Non capiva l’irregolarità della rete, negli  ultimi anni, era diventata  inalterabile e sempre più efficiente. perché la registrazione era stata inviata così incompleta? Oppure era stata la registrazione falsata da qualche dato. Cosa poteva essere accaduto?

Il suggerimento del messaggio di verificare il file forse era valido, l’opzione ripeteva registrazione irregolare. Ripensò un poco a “registrazione”, non “rete”.  Difetto del computer, ma anche questa ipotesi era piuttosto labile, doveva essere successa qualche interferenza tra la trasmissione e la ricezione. Forse una forte turbolenza atmosferica aveva interferito negativamente. Le trasmissioni dati erano trasmesse da tempo solo via satellite, tutte quelle via cavo erano state eliminate da decenni per la modifica continua del territorio a causa di forti scosse di terremoto. Cercare nel passato era facile, la terra era continuamente monitorata e controllata da molti anni. Tutti i fenomeni erano registrati. Scelse la data fatidica 21/03/2065.

Sullo schermo apparve il giorno 22/03/2065. D chiuse e, pensando di aver sbagliato digitazione, ripeté la data del 21, sullo schermo riapparve il 22, questa volta, anche se molto sorpreso, si soffermò a leggere:

            Trasmissione del 22 03 2065, codice protetto 008/c, dalle ore 5,45 del 21 03 2065 l’interferenza sulle trasmissioni satellitari è tale da non permettere, allo stato attuale, regolari trasmissioni in rete. L’interferenza è dovuta a una notevole variazione del campo magnetico terrestre, con continui salti di energia. Il fenomeno è sotto osservazione, altri comunicati saranno trasmessi ogni 12 ore, su questo stesso codice.

Emme aprì la porta ed entrò. La porta era trasparente, così come tutto il box, ma D, troppo impegnato nella ricerca dello strano fenomeno, non si accorse della presenza della compagna. Emme non disse nulla, si sedette sulla poltrona proprio dietro a D.

  • Cosa vediamo ora? Disse Emme

Se non fosse stato molto calmo, D certamente si sarebbe spaventato per l’improvvisa voce alle sue spalle.

  • In questo momento, da vedere non c’è nulla ma da capire! Vieni a leggere, tu hai un buon intuito.

Emme si alzò dalla poltrona, piuttosto svogliata e stanca per la ginnastica, si avvicinò alle spalle di D, ma non si sedette.

  • Intuito o no, non capisco cosa ti interessa questo messaggio. Il contenuto è molto chiaro. Cos’è che non capisci?
  • Le parole sono chiare ma il fenomeno rimane vago.
  • Perché non provi a vedere il secondo comunicato, annunciato per le prossime dodici ore dello stesso giorno 22? Suggerì Emme.
  • Giusto, proviamo.

Emme si sedette vicino a D ed insieme iniziarono la ricerca di eventuali ulteriori comunicati. Ma per i tre giorni successivi non esistevano messaggi, nemmeno quelli trasmessi sul codice protetto. Il primo che trovarono era del giorno ventiquattro gennaio, tre giorni dopo. Il messaggio era molto laconico e tecnico, annunciava una serie di misure di sicurezza e la modifica di alcuni componenti del computer per agevolare la ricezione protetta. Definiva la situazione piuttosto grave ma sotto controllo. Precisava anche che i risultati dell’analisi della situazione erano ancora in fase di elaborazione, per cui il fenomeno non era ancora stato approfondito.

D rimase, per un po’ in silenzio, ma quando Emme si alzò, la guardò ed esclamò:

  • Ogni giorno diventi più bella!
  • Ma smettila di guardarmi, pensavo che ti occupassi della carenza di energia.
  • Si mi interessa anche quella, per “il guardarmi” è inutile protestare, non vedo in giro altre donne.
  • Mi dispiace per te, potresti saziarti nel guardarle tutte. Fu la risposta ironica di Emme, poi aggiunse: – Ritorno in palestra, vieni anche tu?

Emme uscì dal box e si diresse verso lo stepper, non l’aveva ancora provato. Tolse la copertura di plastica e si posizionò per iniziare. Pensò di non avere bisogno di guardare le istruzioni perché si intuiva facilmente l’uso. Iniziò a muovere i piedi… “più bella” “donna” questi due termini le tornarono improvvisamente in mente. Anche come D l’aveva guardata le procurava una strana sensazione.

Il polpaccio destro cominciò per primo a stancarsi, distraendola dai suoi pensieri e costringendola a fermarsi. Aveva letto, da qualche parte, che lo stepper era uno strumento molto faticoso, ma così tanto non l’avrebbe mai supposto.

D si ricordò del cilindro, l’ora di irradiazione era saltata, decise di non farla perché riteneva più importante l’analisi della situazione. Decise di provvedere a modificare i componenti del computer così come consigliava l’ultimo messaggio, per poter ricevere eventuali messaggi protetti. Per fare le modifiche aveva bisogno di maggiori istruzioni perché le sue nozioni di informatica erano minime.

Sotto la postazione del computer vide dei cassetti, certamente avrebbe trovato il manuale di istruzione. Il manuale non c’era, al suo posto trovò uno strano CD.

Il solito distratto, le sue ricerche sul passato molto spesso lo allontanavano dalla realtà, erano decenni che i libri non esistevano più. Quelli antichi erano rimasti nei musei ma anche tutti trascritti su cellule elettroniche. Gli scritti di qualunque tipo erano tutti su CD e libri elettronici, contenenti centinaia di volumi.

I CD che lui conosceva erano circolari e piuttosto grandi, nell’ordine di una dozzina di centimetri. Invece si trovò in mano una piastrina quadrata di circa quattro centimetri e senza il buco centrale. Poi scoprì che il sistema di lettura era cambiato. Poggiò il CD quadrato sull’apposita piastra lettrice, il CD si illuminò e sullo schermo, immediatamente, apparve la finestra di ricerca, scelse “modifica elementi, ricezione protetta”, nella finestra apparve la richiesta del codice di modifica, D lo ricordava, ricordare i codici era un’altra sua specialità. Appena inserito il codice apparve la comunicazione che le modifiche erano state effettuate con successo.

Tutta la tecnica informatica era stata completamente cambiata e migliorata ma il messaggio “con successo” era rimasto immutato nel tempo. Era forse la necessità dell’uomo di sentirsi gratificato, negli ultimi decenni l’umanità era in pieno insuccesso. Erano tutte frasi idiomatiche inventate dalla società umana, che erano rimasti per secoli a rappresentare il successo umano: la situazione è sotto controllo, abbiamo il progresso, lottiamo le ingiustizie, le dittature, la fame, portiamo la pace, la libertà, fratellanza …  tutti simboli del benessere del dire ma irreali riguardo al fare.

Malgrado le modifiche il computer risultò isolato dal centro. D decise di andare ad irraggiarsi, tanto era inutile stare davanti al nulla.

Rimase tre ore nel cilindro. Quando uscì si sentiva pieno di energia fisica, quella mentale era piuttosto repressa dalla impossibilità di conoscere il destino della terra degli ultimi tempi.

Il silenzio del computer sugli ultimi avvenimenti significava un problema serio per le condizioni del pianeta.

Per due mesi M e D continuarono a studiare e a curare il proprio fisico nel il cilindro energetico e nella palestra, quest’ultima molto più frequentata da M. Il computer centrale non dava ormai nessun tipo di messaggio sulla situazione disastrose della terra. Molte ore del giorno D le passava nel primo box, davanti al simulatore di volo. Era diventato abbastanza bravo nell’atterraggio e nella partenza del missile-navetta spaziale, trovava ancore delle difficoltà nel volo orizzontale e nel planare, quest’ultimo reso difficile dalle caratteristiche piuttosto accidentate del terreno virtuale.

ffffffffffffffffffffffffffffffffffff

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato , | Lascia un commento

Glis glis 7

Si spostarono sui secondi, qua la loro conoscenza era migliore, forse anche perché cominciavano con carne, pesce…

  • Prendiamo pesce al forno e frittura di pesce. Mai assaggiati ora è il momento.
  • Va bene, prima o poi dobbiamo pure imparare a mangiare da bipedi quasi umani!  

La macchina impiegò qualche minuto in più rispetto al piatto di fragole, quando i due piatti furono pronti l’attesa fu premiata. I piatti erano ovali, uno presentava un grosso pesce nel suo sugo che friggeva ancora, emanava anche un buon odore. Anche la frittura di calamari e gamberi odorava e si presentava bene. La macchina aveva corredato i piatti di due bicchieri a calice, due forchette e due coltelli a lama corta. D ed M si guardarono, erano contenti e soddisfatti ma un poco di imbarazzo era dato loro dalle posate. Le conoscevano certo, le avevano viste tante volte, gli uomini del laboratorio mangiavano due o tre volte al giorno ma loro non le avevano mai usate.

Non si perdettero certo d’animo, erano abituati a sorprese peggiori, il fatto poi era quasi divertente per D, lo diventò di più quando M, per darsi un contegno, prese un gamberetto con una mano e lo portò alla bocca, divorandolo compiaciuta. Allora D disse:

  • Furba la mia compagna, non si cimenta con le posate! Vediamo come te la cavi con il coltello e la forchetta.

Molte erano le cose che dovevano imparare a fare in questa loro nuova realtà. La lunga preparazione avuta, nei laboratori, dava loro una discreta bravura ad affrontare qualunque novità, merito questo principalmente della loro evoluzione mentale, migliorata anche attraverso letture e esperienze psicologiche.

L’evoluzione mentale, prima fase del l’esperimento al quale erano stati sottoposti, aveva permesso loro il buon e veloce apprendimento della lingua parlata. L’unico ostacolo era stato l’uso corretto degli strumenti predisposti a tale evento cioè le labbra, la bocca e le corde vocali. Tutto il resto, la coniugazione dei verbi, la sintassi e l’uso delle regole grammaticali erano già state acquisite da muti, quando ancora non avevano un cavo orale adatto alla parola.

L’uso delle posate fu piuttosto difficoltoso ma la tenacia degli ex glis era ormai la forza per la sopravvivenza. Non avevano paura di provare qualsiasi cosa, questo poi era tra i meno pericolosi. Certo le spine all’interno del grosso pesce furono la tortura maggiore per le loro nuove bocche, quelli dei glis erano decisamente più robuste e adatte a qualsiasi cibo duro e pungente.

Da bere, malgrado una lunga liste di bevande, preferirono scegliere acqua semplice. Le altre bevande avevano aggettivi strani e a loro erano completamente sconosciute. Anche il bere dal bicchiere comportò qualche problema di sbrodolamento.  Dopo il pranzo, rimasero un poco a parlare seduti sul divanetto.

Dopo, eliminati i piatti e le stoviglie nel distruttore, lasciarono la stanza.

Nella stanza del cilindro decisero di fare alcune ore di irraggiamento, così come era stato suggerito dalle istruzioni del computer.

Il cilindro non aveva porta. M suggerì di chiederlo al computer ma D si oppose dicendo che se non fossero in grado di risolvere da soli problemi così semplici, avrebbero avuto gravi problemi di sopravvivenza in futuro. Girando intorno al cilindro trovò un piccolo tasto, che si distingueva solo per una sfumatura più chiara dello stesso colore grigio del cilindro. Premendo questo tasto, l’intero cilindro metallico si elevò, sparendo quasi tutto nel soffitto, lasciando evidente una pedana con una sedia con un bracciolo provvisto di pannello di comando. D si sedette e lesse la descrizione dei pulsanti. Un pulsante starter, un pulsante di emergenza, un contatore per ore e minuti. Sull’altro bracciolo era predisposta una placca d’identificazione, composta da un sensore analizzatore sul quale bisognava poggiare la mano prima della seduta.

D cedette il posto a M, l’istruì sull’uso e le consigliò il tempo di un paio d’ore, per cominciare con moderazione.  Quando il cilindro ritornò a posto, D rimase sorpreso perché la radiazione che pioveva dall’alto rendeva visibile la compagna e, da come lei lo guardava, si accorse che il cilindro diventava trasparente durante l’uso. Urlò verso M:

  • Mi vedi anche tu?

M rispose con molta calma e, come al solito, con un pizzico d’ironia.

  • Ma che urli. Non vedi che siamo molto più vicini del solito!
  • Meglio così. Non siamo in pieno isolamento ed è più sopportabile il passare del tempo.
  • Per me va benissimo. E’ come star fuori, per modo di dire!
  • Vivere in questo alloggio potrebbe comportarci qualche problema. Stabiliamo un programma con priorità e scadenze precise. Disse D.
  • Il solito freddo analizzatore e programmatore! 
  • Scherza pure, mia cara, ma non credo che abbiamo molto tempo, la situazione è precipitata d’improvviso e il futuro è imprevedibile. Aggiunse D con determinazione.   
  • Forse hai ragione, ma non essere assillante, sei tu il tecnico. Proponi.
  • La mattina…M lo interrompe.
  • La mattina? Hai dimenticato che siamo sottoterra, il nostro tempo è falsato, non abbiamo riferimenti esterni.
  • Questo lo so. Anche nel bosco laboratorio il giorno era scandito dalla luce della cupola, cioè senza riferimenti astronomici. Ho letto, non mi ricordo quando, che anche nelle città umane, protette dalle cupole, il giorno e la notte era stabilita dal variare della luminosità artificiale. Malgrado la trasparenza delle cupole le condizioni disastrose dell’atmosfera terrestre non permettevano una precisa scansione del tempo. Il buio e la luce non caratterizzavano più la notte e il giorno. Fenomeni magnetici ed elettrici dell’atmosfera, satura ormai di gas vari, determinavano periodi di buio totale e periodi di continua luminescenza, dovuta a scariche elettriche e a incandescenza di gas combustibili. E questi fenomeni, ovviamente, non erano regolari nel tempo.
  • Sì, hai detto bene questa è una specie di tana, non vedo luminescenza possibile che indichi il giorno.
  • Nemmeno io vedo questo che tu dici. Ma il problema è grave. Come esseri viventi, per giunta umani o umanoidi qual siamo, alla nostra esistenza biologica è necessaria una scansione temporale di ventiquattro ore, giorno e notte. Per cui bisogna trovare assolutamente la soluzione.

Per un poco rimasero in silenzio, D pensava al modo di risolvere il problema dello scandire le ore, forse era necessario solo una regolazione della luminescenza nell’alloggio.

Si avvicinò al computer, ma in quel momento il cilindro si alzò, lasciando libera Emme di uscire. D la guardò: il pelo grigio era stato sostituito da una pelle leggermente di colore bruno. Come se fosse abbronzata.

  • Queste ore sono volate, credo che possiamo anche provare tre, quattro ore. Disse Emme uscendo dal cilindro e, vedendo D al computer, continuò – Ma che fai ora al computer, non tocca a te l’ora nel cilindro?

D rispose: – Sì. Così perderò anch’io il pelo.

  • Quale! … Cosa?
  • Guardati le gambe. Il cilindro ha modificato l’esterno del tuo corpo, rivestendolo di pelle umana.
  • Dopo non ti dimenticare del cilindro, io vado un poco in palestra.
  • Entro subito, così perderò anch’io il pelo.
  • Tu stai diventando una donna del passato, lo sai che nel duemila la palestra era una fissazione dell’umanità, principalmente per le donne. Questo accadeva qualche decennio prima che la scienza riuscisse ad intervenire, in maniera completa sull’organismo umano. Così anche questa moda passò.

Emme puntò contro di lui prima gli occhi e poi il dito indice, a mo’ di pistola, si avvicinò e gli disse con voce roca:   

  • Attento, ricordati che nello stesso periodo le donne diventarono anche violente nei confronti del maschio maschilista.
  • Calma donna, la mia era solo un ricordo storico, non avrei mai osato ferirti!
  • Ah! Bene.

Emme con il dito gli carezzò prima la guancia poi si girò allontanandosi.

Il contatto del dito ebbe uno strano effetto, per la prima volta si sentì eccitato. Non molto ma tanto da notarlo. Lui sul sesso umano sapeva tutto, si era molto documentato sempre per la sua curiosità di sapere. Era la prima volta che si sentiva così. Nei primi incontri con M si erano scambiate affettuosità ed abbracci ma lui, tranne uno stato di allegria e di gioia, non aveva percepito reazioni fisiche specifiche.

Nel cilindro, si distrasse facilmente dal suo stato perché aveva notato anche l’ironia di Emme, strano pensò, forse gli umani avevano programmato anche l’ironia per loro. Lui e Emme si erano sviluppati poi evoluti ed istruiti in laboratori diversi. Come mai avevano in comune l’ironia? Lui ricordava la sua ironia fin dall’inizio dell’evoluzione. Come mai già l’aveva? Non volle pensarci molto, aveva problemi più importanti. Però gli balenò una soluzione semplice forse i glis erano ironici. Non approfondì il concetto ma forse aveva ragione.

La natura scherzosa e giocoliera a tutte le età dei glis era rimasta intatta nell’evoluzione con l’acquisizione della parola si era trasformata nell’ironia.

Quando uscì dal cilindro si guardò la gamba senza peli con una pelle leggermente più scura di quella di M.

D aprì le opzioni del computer e riuscì a trovare quelle relative all’alloggio ma non trovò quelle della luminescenza, ovvero le trovò ma solo come regolazione d’intensità. Provò a creare un collegamento tra l’orologio e la luminescenza.

Dopo alcuni errori, quello più eclatante fu la totale eliminazione della luminescenza per fortuna per pochi secondi, riuscì e regolare la luminescenza. Fece una prova a mezzanotte diminuiva molto, alle dodici del giorno successivo riprendeva la piena intensità. Fu molto soddisfatto di aver risolto il problema, pensò di comunicarlo subito a M raggiungendola nel locale palestra.

  • Ci sono riuscito. Ho collegato l’orologio con la luminescenza.
  • Me ne sono accorta. Bravo stai migliorando.
  • Te ne sei accorta…e come?
  • Prima c’è stato un blackout, ho capito che eri stato tu. Dopo un poco la luminescenza è arrivata al minimo e poi si è stabilizzata normale.
  • Sì, è così. Non ti sfugge nulla. Brava anche tu. Ne hai ancora per molto?
  • Ho appena incominciato. Lo sforzo è minimo, lasciami pedalare ancora un poco.
  • Pedala tutto il tempo che vuoi, io vado ad istruirmi un poco.

ffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato , | Lascia un commento

Glis glis 6

Emme armeggiando con la tastiera aveva acceso un enorme schermo tridimensionale, che occupava l’intera parete, ecco perché vi erano le poltrone! D si sistemò in poltrona continuando a pensare alle coordinate, pian piano cominciò a ricordare qualcosa. Il simbolo ^ significava angolo, per cui 88 e 66 dovevano essere angoli. G forse significava Galassia, terza galassia? Ma da dove? Perché provvisorie?  Il mistero era l’origine V 330^88” Sicuramente ^88 era una direzione ma V 330 rappresentava l’unica cosa da scoprire. Ci avrebbe pensato in futuro!

Si accorse che sull’enorme schermo Emme si stava addentrando nella storia umana, passando velocemente da episodi dell’età romana a quelli del secondo millennio.

La didattica di apprendimento, o forse solo di descrizione, presentata dallo schermo, era molto diversa da quella del computer del suo laboratorio di apprendimento.

Lo schermo era tridimensionale, ma in maniera tale che i primi piani e le persone rappresentate erano vicino a lui, infatti lui percepiva la poltrona, sulla quale era seduto, solo come mezzo fisico, ma la sua collocazione visiva e spaziale era completamente inserita nel Senato Romano. Aveva senatori seduti al suo fianco, avanti e addirittura dietro di lui. Questi personaggi erano talmente reali che, negli interventi dei senatori, la voce di quello seduto al suo fianco era molto più forte di quello seduto più lontano. Inoltre, quando un senatore descriveva un avvenimento, quest’ultimo veniva rappresentato sempre in maniera tridimensionale, ma con un rapporto di scala più piccolo rispetto alla realtà, al centro dell’aula senatoriale. Altra cosa da notare era che i senatori parlavano la sua stessa lingua, chiaramente una traduzione.

Ma quello che maggiormente l’attrasse fu quando Emme si spostò nei primi anni del millennio duemila, a Genova in Italia, nella manifestazione “no global”. D si trovò in una strada durante la carica della polizia. Notò che dopo duemila anni la divisa dei poliziotti non era molto diversa da quella dei soldati romani, tranne che per le gambe coperte. Lo scudo era diventato più grande, era trasparente e, sicuramente, molto più leggero. L’elmo, molto sferico, con la celata grande e anch’essa trasparente. L’arma poi era un’assoluta novità per lui. Era qualcosa tra una corta lancia ed una spada, ma veniva adoperata come una clava, di colore nero sembrava morbida ma produceva grossi ematomi e ferite sulle parti dure del viso, del cranio e degli zigomi. Oltre la corta arma, i poliziotti adoperavano molto bene i piedi ricoperti, non da sandali romani, ma da scarponi molto robusti. I manifestanti si difendevano lanciando contro i poliziotti tutto ciò che capitava loro tra le mani, pietre, aste di manifesti, parti di cartelloni stradali. I soldati rispondevano, prima delle cariche, con lo sparo di particolari cartucce, molto grandi che si applicavano su corti fucili, queste esplodendo riempivano le strade di fumo. I manifestanti cercavano di coprirsi la bocca con stracci e sciarpe, fuggendo alla nuvola di fumo che si espandeva velocemente. Quelli che non riuscivano ad allontanarsi avevano difficoltà respiratorie e gli occhi lacrimavano, queste condizioni fisiche li rendevano più facili prede da colpire e poi da caricare su ambulanze e camioncini scuri che al suono di sirene lasciavano il posto. La scena era talmente reale che, quando un manifestante ed un poliziotto, che lo inseguiva colpendolo, si avvicinarono, D si riparò la testa con le mani per evitare colpi. Ma era stata paura e inutile precauzione perché le immagini, anche se molto simili alla realtà, attraversavano il suo corpo.

M spense il computer riportando D alla realtà. D si ritrovò seduto sulla poltrona, era stanco. Quel giorno era stato veramente eccezionale, troppe novità per la sua mente che da poco aveva iniziato ad elaborare programmi per la sua futura vita. In realtà questi programmi erano solo fondati su supposizioni varie. Sì, era veramente stanco, la poltrona era comoda D chiuse gli occhi e si addormentò. Nella sua mente cominciarono ad affiorare immagini varie.

Era un sogno, ma lui non lo sapeva, era la prima volta che sognava con immagini molto reali, in passato aveva avuto solo brevi sogni legati alla sua natura di glis. Le immagini cambiavano spesso. Da una strada affollata di strani esseri bipedi e di veicoli che passavano velocemente su binari sospesi a interni di ambienti, che gli ricordavano i laboratori, ma che laboratori non erano. Da questi ambienti lui usciva su terrazzi pieni di fiori e piante, si affacciava ma sotto di lui era il vuoto. Non aveva paura, anzi era tentato di buttarsi giù. Una voce conosciuta disturbò il suo sogno:

  • D, D svegliati, smetti di lamentarti e parlare nel sonno. Ma che dici?  Non si capisce niente.

Si svegliò di soprassalto, pensò di essere in pericolo e si riparò la testa con le mani, poi si rese conto del falso allarme e disse:

  • Ho capito, va tutto bene.

M lo guardava ancora preoccupata, allora D le spiegò la sua paura:

  • Ho sognato di affacciarmi da un terrazzo sul vuoto, ho avuto paura, in quel momento tu mi hai svegliato.
  • Ma come fai ad addormentarti profondamente subito.
  • Sarà l’emozione di tutte queste cose nuove, sono troppe per la mia mente, allora, per reazione mi addormento e sogno cose … peggiori!
  • Sempre il solito burlone. Io ora, per l’emozione come dici tu, invece mi sento debole.
  • Non credo che sia l’emozione! Sarà la ginnastica sulla cyclette che ti ha fatto venire anche appetito.
  • Esatto, questa volta hai proprio ragione. Torniamo nell’alloggio e vediamo cosa possiamo preparare.

M gli prese la mano, ormai era diventata un’abitudine, e lo condusse nella stanza tinello. L’unica cosa visibile, che aveva contribuito alla definizione della stanza, era il tavolo, due sedie e un piccolo divanetto, accostato vicino alla parete di destra. Alla parete di fronte, l’angolo di cottura, così da lui definito in precedenza, era solo un lungo mobile con alcuni sportelli.

D si sedette al tavolo ed M sul divanetto dicendo:

              –    Sono proprio stanca, vedi cosa c’è da mangiare.

D, senza alzarsi dalla sedia, allungò una mano, inclinando anche la sedia su due piedi, e tirò una maniglia dei quattro sportelli del mobile. Lo sportello non si aprì, lui ritrasse la mano e disse:  

  • Non si apre. Forse bisogna aspettare il cameriere per l’ordinazione, magari sarà un robot.
  • Non credo proprio, prova di nuovo. Ma alzati!

D, con molta calma, si alzò e si avvicinò al mobile, appena fu vicino comparve uno schermo con un elenco: Prima colazione. Pranzo. Spuntino. Cena. Bibite. Altro.

  • Tutte delizie. Vuoi pranzare? Fare uno spuntino oppure cenare. Ma la tastiera dov’è? Non la vedo.
  • Primitivo! La tastiera non occorre…
  • Cosa? Che vuol dire?
  • Niente. Ora ti faccio vedere. Bisogna toccare.

M si alzò, si avvicinò allo schermo e con l’indice toccò la parola pranzo. La schermata cambiò e apparvero altre scritte: Antipasto. Primo piatto. Secondo Piatto. Contorno. Dolce. Frutta. Bevande.

  • Toccare? Sai decisamente più cose di me. Ma non ti sembra che sia un pranzo umano?
  • Te l’ho già detto la nostra preparazione è stata diversa. Pranzo umano? Mi sembra normale. Volevi una dispensa automatica per glis?  Noi non siamo quasi umani. Non te ne sei accorto?
  • Hai ragione, come al solito! Per me una scatoletta di frutta. Grazie. – Disse D, pensando alle saporite ghiande, pensava di averne una scatoletta, le macchine dispensavano spesso scatolette.
  • Ma la sorpresa continuava. M scelse frutta, le opzioni erano: in aspetto naturale, in tavolette, in pillole. M senza dire nulla, scelse “in aspetto naturale”, apparve un elenco molto lungo con frutti di ogni genere, dall’ananas alla zucca dolce.
  • Il signore desidera. Disse M
  • Ma veramente credi che la frutta sia naturale? – Obiettò D.
  • Non credo proprio, l’opzione diceva in aspetto naturale. Allora che frutta vuoi?
  • Io volevo le ghiande, ma vedo che mancano dall’elenco. Prendi fragole.

Mentre la macchina armeggiava, indicando sullo schermo, le proteine, le vitamine e i coloranti scelti, D pensava, di come l’uomo aveva reso l’esistenza tutta artificiale. Il progresso era stato notevole sul piano scientifico, ma inutile. Il prezzo pagato dalla scelleratezza umana era stato alto “la vita dell’uomo in via di estinzione”.

  • Ecco il piatto è pronto, disse M aprendo lo sportello di destra, sul quale era comparso un Led lampeggiante, e aggiunse: –   L’aspetto è proprio buono, guarda che fragoloni. Sembrano veri.

 Ne prese uno, lo portò alla bocca. lo addentò, lo gustò. Ottimo concluse. Ne prese un altro, poi porse il piatto, ovviamente di plastica, a D.

Ancora prima di assaggiare le fragole D osservò il piatto, la sua abitudine di analizzare tutto era ancora dominante. Il piatto bianco e brillante, abbastanza solido, sembrava di ceramica, aveva anche una semplice decorazione floreale. Mentre lo osservava, sul mobile, in corrispondenza dello sportello centrale si era aperto un vano, una specie di vaschetta da lavello, ma mancava il rubinetto e lo scarico. Questo non era una novità, lui ne sapeva l’esistenza, era un distruttore di residui del pasto, M non lo conosceva ed esclamò: – E questo cos’è?

D non rispose subito, stava gustando la fragola, era veramente buona.      

  • E’ un eliminatore dei residui alimentari, una specie di disintegratore. Credo che distrugga anche il piatto.
  • Ma è pericoloso per le mani, non vorrei perderle, è da poco che le ho perfezionate!
  • Non ti preoccupare, mi sembra di ricordare, che distrugga solo la materia prodotta dalla macchina, la materia vivente è diversa come struttura.

Il piatto conteneva molte fragole, si sedettero al tavolo e, mentre continuavano a mangiarle, M disse:

  • I progressi della tua lingua sono stati notevoli, hai sciolto bene la lingua eh? Ben fatte queste fragole, mi hanno stuzzicato l’appetito. Vogliamo prendere un cibo più umano?
  • Sì, proviamo. Ormai siamo umani, spero solo di non essere stato fatto come le fragole!  
  • No, questo è indubbio, siamo stati sottoposti ad un processo di evoluzione, perciò siamo, anzi saremo umani veri. L’hai dimenticato?
  • Hai ragione, ma io non l’avevo dimenticato. A proposito non dimentichiamo l’irraggiamento. Io non resisterò otto ore fermo nel cilindro, perché non le frazioniamo?
  • Lo dici a me? Io soffro un poco di claustrofobia, morirei, prima delle otto ore. Vieni, ora finiamo prima il pranzetto.  Primo piatto o secondo?

Si alzarono dalle sedie e si avvicinarono alla macchina, M gettò il piatto nel distruttore, ma senza avvicinarsi troppo con le mani, sapeva di potersi fidare delle cose che D diceva ma era meglio un poco di prudenza. D se ne accorse, a lui difficilmente sfuggiva qualcosa, ma non disse nulla. I nomi dei primi piatti erano molti ma pochi erano quelli che conoscevano, tranne maccheroni e zuppe, il resto dei nomi era sconosciuto.

fffffffffffffffffffffffffffffffff

Pubblicato in Racconti illustrati | Contrassegnato , | Lascia un commento