Glis glis 10

M apparve leggermente turbata, D riesce a nascondere il suo timore tentando una distrazione:

  •   Ci siamo. Ora sappiamo anche dove è la navetta.
  •   Sei piuttosto impassibile, anzi sembra quasi che la situazione ti piaccia.
  •   Non è come dici, sono solo interessato per essere pronto il più possibile a tutto. Mentre io cerco altre informazioni sul computer tu vai a irraggiarti. Non preoccuparti la situazione era nelle previsioni, siamo stati destinati a tutto ciò.
  •   Va bene. Ma cosa dobbiamo portarci? Il cibo?
  •   È per questo che cerco altre informazioni, fidati.
  •   Va bene, vado.

Rimasto solo D cerca nella cartella di emergenza i preparativi per la partenza improvvisa. L’unica cosa che trova è una cartella sulla navetta spaziale completa di dati tecnici, dati sul percorso spaziale e istruzioni sull’uso delle attrezzature della navicella. Letto tutto e memorizzato il più possibile raggiunge Emme nella stanza del cilindro.

  •   Ho trovato istruzioni complete nella cartella della navetta-vettore. Come dice il messaggio dobbiamo prendere e indossare solo tuta e casco. Nella cabina del vettore troveremo pronto il bagaglio.
  •   Le istruzioni dicono anche dove siamo diretti?
  •   Sì, stavo per dirti tutto. La navetta-vettore ci condurrà, inserendo il pilota automatico, su un’orbita lunare. Quindi pilotando manualmente, dall’orbita dovremo raggiungere la base lunare, dove dovremo agganciare la navetta all’astronave madre. Rimarremo nella navetta anche alla partenza dell’astronave e durante tutto il viaggio. Il tempo previsto del tragitto fino alla destinazione finale è di otto giorni. Nella navetta troveremo tutto il necessario per la sopravvivenza.
  •    Otto giorni? Così pochi? Non bastano nemmeno per raggiungere Marte. – commenta M
  •   Non sono in grado di risponderti. Chiederò al computer.
  •   Bene. Ma quale è la destinazione finale?  Certamente un pianeta, questo lo capisco. Ma dove è? Quale è il suo nome?
  •    Non lo so. Forse sulla navicella troveremo qualche notizia più chiara.
  •    Ho capito, andremo verso l’ignoto.
  •    Sì, hai ragione. Ricordati che non saremo soli abbiamo altre nove coppie amiche con il nostro stesso destino.

Le quarantotto ore passano velocemente. Emme, tranne la pausa per il pranzo e per la cena, passa la maggior parte del tempo tra la palestra e il cilindro energetico. Il segnalatore del cilindro segna che è stato completato il 95% della radiazione necessaria sia per Emme che per D, risultato questo che può considerarsi accettabile. D ha indossato la tuta spaziale e il casco per controllare la navicella spaziale. Nella palestra ha individuato facilmente il meccanismo di apertura per accedere al vano di accesso alla navicella, come suggerito dal computer. Il vano è una camera di decompressione perché la navicella è sistemata in una rampa di lancio in un tunnel. D osserva tutto ma non si avvicina alla navetta, ritorna nella camera di decompressione e quindi nella palestra perché ormai mancano pochi minuti alla partenza e non vuole lasciare sola Emme.

  •    Ora indossa anche tu la tuta. Sono andato a vedere la navetta. È abbastanza grande per due persone.
  •     Sarà perché la nostra permanenza nella navicella deve durare tutto il viaggio. Otto giorni, hai detto. Vero?
  •    Esatto. Non capisco perché dobbiamo viaggiare agganciati all’astronave madre e non su di essa, insieme ai nostri compagni di viaggio. Tu Emme cosa ne pensi?
  •   Non capisco nemmeno io il motivo ma se così è stato prestabilito significa che è una necessità.
  •   Sicuramente hai ragione. A pensarci bene potrebbe essere una precauzione in caso di incidenti. È chiaro che anche a destinazione dovremo dall’orbita scendere sul pianeta.
  •   È proprio questo potrebbe essere il motivo. La precauzione che ogni coppia, tranne nel viaggio interstellare, sia indipendente al momento dall’atterraggio.
  •   Perché dici atterraggio? Non conosciamo nulla del pianeta.
  •   Se è un pianeta sul quale dovremo vivere certamente la terra sarà presente. Atterreremo certamente sulla terra.

Il suono di una sirena mai vista e un avviso di partenza, ripetuto due volte, da un altoparlante si diffonde in tutta la base. Emme indossa la tuta e il casco.

D, che ha già indossato la tuta, prende dalla stampante alcuni documenti inerenti alla navetta e al viaggio.  Quando sono vicino alla navetta, Emme non può fare a meno di esclamare:

  •    Come è grande! Avevi proprio ragione.
  •    Ti sento. Siamo in collegamento. Questo non me lo immaginavo proprio.
  •    Io me lo immaginavo, la comunicazione tra i caschi spaziali è antiquata.

–  La solita saputella! Ecco la nostra casa per una settimana. Ho letto le istruzioni per aprire il portello. Ecco devo girare contemporaneamente queste due leve.

D ed Emme entrano. Appena automaticamente si chiude la porta, sentono il fruscio dell’aria che riempie la camera. Nella camera notano due contenitori trasparenti la cui funzione è chiara, servono per lasciare le loro tute spaziali e i caschi. Rimangono con le due tute cucite da Emme, capiscono allora perché il computer dell’alloggio aveva loro consigliato di confezionarle. Il primo locale che trovano, usciti dalla camera di decompressione, ha l’aspetto di un deposito, varie confezioni di dimensioni diverse sono riposte in armadi trasparenti. Emme vorrebbe curiosare ma D la ferma:

  •    Non abbiamo tempo, vieni troviamo la cabina di pilotaggio. Dopo vedremo il contenuto.
  •    Va bene capo! Risponde ironicamente Emme.

La cabina di pilotaggio è proprio il locale successivo.

I posti di pilotaggio sono due. Mentre prendono posto e D sta per redarguire Emme della sua trascuratezza nelle lezioni di pilotaggio, la navetta incomincia a vibrare prima leggermente poi, dopo due scossoni, ritorna la calma.

D ed Emme con immediato sincronismo prendono posto velocemente sui sedili, intuendo un eventuale pericolo. Le cinture automatiche li legano ai sediolini. Il posto di comando è esattamente come il simulatore.

D accende il computer di bordo e, dopo una verifica veloce dello stato della navicella effettuato dal computer stesso, accende i motori.

Appena accende i motori la cabina cambia aspetto. Davanti, sopra, di lato e sotto ai loro piedi si accendono enormi schermi che come se fossero vetri permettono una visione totale dell’esterno. Lo schermo del computer di bordo avvisa per l’inserimento del pilota automatico.  D inserisce il pilota proprio mentre la navicella ricomincia a vibrare. Lentamente la navicella corre sui binari verso la luce alla fine del tunnel.

Attraverso gli schermi i due apprendisti astronauti osservano, con un certo timore, le pareti del tunnel che mostrano segni di lesioni e sgretolamento della roccia.  Ancora pochi minuti e forse la partenza sarebbe stata impossibile. Quando finalmente la navicella esce dal tunnel, l’accelerazione è subito al massimo, D ed Emme si sentono immobilizzati sui sedili dalla forza di propulsione. In silenzio attendono il prossimo evento, sono spaventati come primo “lancio” ma coscienti ambedue dell’importanza della missione. Pochi minuti e la navicella è in orbita intorno alla terra, la forza di propulsione diminuisce, Emme è la prima a parlare:

  •   Che esperienza bellissima. Però ho avuto molta paura quando ho visto il tunnel che si sgretolava.
  •   Guarda la terra. Sembra un enorme campo di battaglia.

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