Appena terminata la risposta, l’agenda emise un sibilo, lo schermo si spense e comparve un messaggio.
Messaggio n° 27 Da Centro E.C. 10 a Glis M40/5 CC
EMERGENZA: Siamo costretti ad interrompere il contatto. Procedura di emergenza E3 codice
000123HF. Non tentare il collegamento è molto pericoloso.
Emme, lesse il messaggio, gli prese l’agenda dalle mani e scrisse:
– M40/5 CC
INSERIRE CODICE
– 000123HF
INSERIRE PASSWORD
– MDISPONIBILE
PROCEDURA EMERGENZA E3: COLLEGARE MODULO A COMPUTER E DIGITARE E3. MODULO ISOLATO DAL CENTRO DA QUESTO MOMENTO.
L’agenda si spense. D35/3 la prese dalle mani di M per una domanda, ma lo schermo non si riaccese… allora capì che, quello che lui chiamava agenda, era solo un modulo di un computer. Ma di quale computer? Emme sorrise, gli prese l’agenda, la pose nella custodia della manica e fece cenno di seguirla. Lui annuì e la seguì con curiosità.
Raggiunsero, quasi subito, la botola M l’aprì toccando leggermente un angolo. L’interno s’illuminò e un elevatore raggiunse il vano della botola. La superficie della piattaforma non era molto estesa, così si abbracciarono, ormai era diventato un gesto istintivo. Lentamente la piattaforma raggiunse il pavimento della camera sotterranea.
La luce diffusa, di un colore verde chiaro, illuminava un arredamento metallico plastificato. Al centro dell’ambiente era posto un cilindro di circa un metro di diametro, la cui funzione non era evidente; la parete di destra era interamente occupata da alcuni pannelli grigio chiaro, D35/3 li riconobbe era monitor tridimensionali. La parete opposta era attrezzata a laboratorio informatico, infatti, vi erano due tastiere, mouse e, inseriti in un pannello verticale tutte le periferiche di trasmissione e riproduzione. Sempre sul pannello erano sistemate alcune apparecchiature ancora sconosciute, forse di nuova tecnologia avanzata, pensò D.
M40/5 si sedette di fronte a una tastiera, tirò fuori il modulo e cercò sul pannello il giusto inserimento, fu facile in quanto era l’unico dello stesso colore nero.

Appena inserito il modulo il monitor si accese e chiese il comando di accesso, M digitò F3. Sullo schermo apparve il messaggio:
PROCEDURA EMERGENZA F3 codice 000123HF La richiesta è stata inserita. Stampa delle istruzioni in corso.
Da una feritoia orizzontale iniziò ad uscire una striscia di carta stampata. D notò che la stampante era molto silenziosa, nemmeno un sibilo sottile, solo il rumore sommesso dello strofinio della carta sul bordo della feritoia. Le istruzioni non erano molte, infatti la striscia di carta non superava i cinquanta centimetri. M prese l’istruzione e gli fece un cenno invitandolo a sedersi vicino. D si accomodò ed insieme cominciarono a leggere.
Chiaramente era solo la prima parte delle istruzioni, infatti il sommario delle stesse prevedeva otto capitoli. Il titolo era molto chiaro: “istruzioni per l’uso e la sopravvivenza nel laboratorio sotterraneo”. Era finalmente giunto un messaggio reale, laboratorio significava esperimento. Ma quale? D era sempre piuttosto deluso. La delusione durò poco perché era interessato alla conoscenza dell’alloggio, lui preferiva questa definizione perché gli sembrava molto più legata all’esistenza che, anche se piena di imprevisti e novità, cominciava ad essere molto interessante. L’alloggio era molto complesso, altro che stanza sotterranea! Era formato da tre livelli: il primo, dove erano, era definito di prima permanenza, oltre alla stanza di “comando” vi erano altri vani per il giorno e per la notte ed un intero reparto definito palestra e istruzione. Continuando a leggere, scoprirono cos’era il cilindro che troneggiava al centro dell’ambiente. Le istruzioni non davano adito a dubbio: “Sono obbligatorie otto ore di irraggiamento nelle ventiquattrore per uno, per tre giorni. Lo stesso cilindro verificherà, alla scadenza, la completa evoluzione”. Seguivano varie istruzioni sul cibo, sugli argomenti di studio e su vari esperimenti reali e virtuali. Le istruzioni terminavano con un’ultima notazione:
LA BOTOLA ACCESSO SI E’ AUTO SIGILLATA.

D si sentì improvvisamente un recluso, anche perché era cosciente della sua nuova natura umana.
Mentre lui era assorto in questi pensieri, M aveva armeggiato sulla consolle di comando illuminando i monitor tridimensionali. Erano quattro e tutti riprendevano il laboratorio-bosco, appena lasciato. La tecnica dell’immagine era molto migliorata, più che immagini erano quattro finestre aperte sul bosco, tanto era chiara la visione tridimensionale. Il movimento delle immagini era molto lento, infatti in un primo momento D pensò di riprese fisse, inoltre, automaticamente, l’obiettivo zoomava fino a mostrare dettagli del sottobosco. Rimasero a guardare le immagini per un poco. D si accorse che le zone riprese erano sempre le stesse, inoltre sembravano quelle periferiche, infatti, non appariva alcun albero con il segnale e nessuna zona della radiazione. Molto strano pensò, si avvicinò al computer e cercò un comando per rendere la ripresa manuale. Questo segnale doveva esserci, lo trovò con facilità ma subito sul monitor del computer apparve il messaggio:
Al momento non è disponibile la ripresa manuale.
D e M si guardarono per un istante senza meraviglia ormai, dopo gli ultimi avvenimenti c’era d’aspettarsi di tutto. M disse:
- Vieni. E si diresse verso la parete opposta a quella dei monitor.
- Sì. rispose lui. Lei lo guardò e rispose:
- Bravo, già parli?
D si fermò, non si era accorto di aver pronunciato l’assenso. Era uscito dalle sue labbra in maniera naturale. Soddisfatto ripeté due volte “sì, sì”, non osando aggiungere altro!
Nella parete si aprì una porta, entrarono e si trovarono in un ambiente decisamente umano, definibile, in maniera classica “soggiorno tinello con angolo cottura”. Il soffitto era azzurro ed emanava luce diffusa, intensa ma non fastidiosa. D notò subito che vi erano due porte “normali”, di quelle antiche con cerniere e maniglie, si diresse verso quella di destra e l’aprì, era la prima volta che apriva una porta, in genere le porte che aveva varcato erano automatiche, quelle di questo tipo le aveva visto nei vecchi film. Per memorizzare l’ambiente, come sua abitudine, si girò in dietro prima di varcare la soglia e si accorse che non era visibile la porta d’ingresso che collegava l’alloggio con la botola, la parete era completamente uniforme si sentì ancora più prigioniero, non era possibile tornare indietro, del resto la botola era stata sigillata.

Assorto in questi pensieri, varcò insieme alla sua compagna la porta appena aperta, si trovarono in una nuova stanza. Il soffitto emanava una luce molto riposante di colore leggermente verde. Due letti protetti da una copertura di plastica trasparente occupavano la parete di destra. Di fronte alla porta vi era una lunga mensola metallica con due monitor ed uno specchio centrale, sulla base dello specchio erano sistemati vari pulsanti, il primo di questi era quello delle istruzioni, anche dopo tanti anni il punto interrogativo rappresentava la guida dei sistemi informatici.
Una porta scorrevole sulla parete di sinistra mostrò, una volta aperta, un vano servizio completo anche di vasca e doccia. D non aveva mai fatto la doccia. Il bagno era stato la sua peggior tortura nel suo primo laboratorio, il glis non amava l’acqua.
Lasciarono in silenzio la camera letto, ritornarono nella camera azzurrina, M aprì la porta di sinistra, il vano era buio, ma appena varcarono la porta lentamente una luce diffusa di colore indefinito, illuminò un grande vano. Sulla sinistra, rigorosamente in fila una serie di attrezzi e macchine classiche per la ginnastica, dalla cyclette alle panche attrezzate. Emme saltò sulla cyclette e incominciò a pedalare esclamando:
- Sempre vista e desiderata.
D pensò che era una pazzerella.
Sul lato destro vi erano delle stanzette chiuse da vetri, infatti era visibile il contenuto: tavolino, sedia, computer, “posto studio” sua vecchia conoscenza.
Mentre la pazzerella si allenava D entrò nel primo box, si sedette e subito si accese lo schermo, mentre una voce sottile ma molto chiara gli presentava, con schemi visivi, lo studio di questo primo posto “SIMULATORE DI VOLO”. Dagli schemi si capiva che era lo studio per pilotare …. Ma D, sempre molto fantasioso pensava… “Non sarebbe stata più pratica un’evoluzione con le ali?” Si alzò dalla sedia, la voce gli chiese se l’abbandono fosse provvisorio o sospensivo. Istintivamente rispose:
- Sosp…
Non riuscì a completare, ma il computer capì e si spense. Caspita! Pensò ma le parole cominciavano ad essere automatiche, il progresso era veramente notevole. Chiuse la porta del box e decise di cominciare un allenamento verbale.
Con molta calma iniziò dall’ alfabeto, le vocali erano quasi perfette, le consonanti non troppo, alcune erano molto approssimate altre quasi mute. Ma non si perdette d’animo e ricominciò daccapo più volte. La lingua si scioglieva, cominciava quasi a pronunciare tutto, anche se con difficoltà e con qualche stridio. Mentre valutava, ad alta voce, i suoi progressi:
- Pronuncio quasi tutto …bene.
Vide dietro ai vetri del box Emme che lo guardava… – Pass.. Pazz… rella. Urlò.
Emme non capì, si accorse che lui gli aveva urlato qualcosa, i vetri insonorizzavano il box. Aprì la porta ed esclamò:
- Ma che urli?
- Pazs.. erella! Ridisse D, questa volta con più calma.
- Che lingua è? Non capisco. Traduci.
- Pazza piccola….
- Perché? Cos’è successo?
D, non rispose, indicò la sedia e fece segno ad Emme di sedersi. Emme si sedette, il computer si accese e cominciò a spiegare così come aveva fatto con lui.
– Sai qualcosa? … disse D
- No! E’ una cosa che non mi interessa – rispose Emme.

D notò che la voce di Emme era molto cambiata, ovviamente in meglio, era molto chiara e precisa sembrava una “laureata in lettere” pensò. Poi aggiunse:
- Non ti interessa? Non credo che potrai evitarlo! Se è qui avrà uno scopo…. Tutto è programmato, hai dimenticato?
– Continua a non interessarmi, studialo tu!
Rispose Emme mentre abbandonava il posto ed aggiunse, rispondendo al computer “sospensivo”.
- Sono convinto che sarai costretta a cambiare idea…
Mentre pronunciava queste parole D notò che anche il progresso della sua dizione era stato veramente notevole, in quel poco tempo passato.
- Forse hai ragione ma ora non ci pensiamo. Vediamo oltre
disse Emme e seguita da D lasciò il primo box e entrò nel secondo. Al tavolo del computer vi erano due sedie, capirono che avrebbero dovuto studiare insieme. Presero posto, si accese lo schermo era un rettangolo molto allungato, largo come i due posti, L’immagine era molto profonda e tridimensionale. Altra sorpresa era il cielo stellato. “Lezioni di Astrofisica e Astronomia” recitava la voce. D guardò Emme che affascinata osservava il cielo.
- Come vedi il “volo” era solo l’inizio, non pensavo proprio di diventare astronauta.
disse D, pensando di fare dell’ironia, ma subito si accorse che tutto procedeva troppo velocemente e l’ironia non produsse alcun effetto né a lui né ad Emme.
Intanto il computer aveva proposto vari piani di studio da scegliere, illustrando con animazioni spaziali le varie proposte, ma nessuno dei due volle scegliere, si guardarono in silenzio, Emme sorrise. D le guardò la bocca era proprio diventata bella, ben disegnata e carnosa. Anche il viso con i zigomi ben pronunciati era proprio quello di una donna bella. Gli occhi verdi dovevano essere l’ultima modifica perché era la prima volta che li osservava. Sì, anche gli occhi erano molto belli.
Entrarono nel terzo box. Il posto di studio al computer era singolo, ma in seconda fila vi erano due poltrone. Le tastiere erano due, una normale l’altra molto piccola e semplificata. D notò che somigliava ad un telecomando video ma molto più complesso. Emme si sedette al computer, lo schermo si accese e comparve la scritta:
TERZO PIANETA DEL SISTEMA SOLARE
Coordinate stellari provvisorie V 330^88 G3^66III
ARCHIVIO GENERALE DATI
Aggiornato al 31gennaio 2065
Data odierna 17 marzo 2065
D notò subito la data. Era il suo compleanno, aveva vissuto già quindici anni, era allora quasi “ragazzo umano” pensò.
- Non mi fai gli auguri disse ad M, oggi è il mio compleanno!
- Emme rispose: – Auguri, ma è il tuo compleanno come nascita o come sperimentazione?
Decisamente molta più preparata di lui, pensò mentre tentava di capire la differenza, rinunciò subito e disse:
- Come al solito le tue risposte mi sorprendono, cosa vuol dire? Che differenza c’è? La sperimentazione non era iniziale? Credo che tu abbia più di quindici anni! Sai sempre tutto!
Emme rispose:
- Ho tredici anni di “sperimentazione” il 7 maggio prossimo, credo che anche i tuoi anni inizino dalla sperimentazione. I primi anni, dalla nascita biologica in poi, sono stati solo di continua modificazione genetica. Il primo laboratorio era un’enorme provetta, la mia modifica è durata quasi cinque anni. Così come credo la tua. Io ti sembro più preparata e forse più matura per un tipo di sperimentazione diversa dalla tua, più culturale, forse è lì l’inganno.
- Sei in gamba rispose D, ma pensava: eloquente, chiara e professionale, quasi un … mostro.
- Guarda le coordinate della terra, per me sono misteriose! A te invece saranno sicuramente chiare?
D guardò, lesse, prima non le aveva notate bene! Le rilesse ad alta voce: V 330^88 G3^66-III ed aggiunse:
- Sarai delusa, l’unica cosa che mi è chiara è l’ultimo numero “terzo pianeta del sistema solare”.

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