Serapo e Nettuno – 14

– Finalmente! Ma da dove vieni? Sei in ritardo. Già mi vedevo sola e abbandonata.

– Esagerata. Per un piccolo ritardo. Veniamo da molto lontano. Nettuno ha un serpente veloce e robusto, io non sono riuscita a stargli dietro.

– Da lontano? Da dove?

– Veniamo dalle coste dell’Egitto. Abbiamo salvato molti pesci che erano stati portati, oltre la riva, sulla terraferma. Un litigio tra due divinità ha prodotto una tempesta, e le povere creature marine ne hanno subito la conseguenza.

– E come avete fatto a salvarle?

– Nettuno ha alzato il livello del mare, fino a permettere al pesciolino più piccolo di poter ritornare nel suo elemento.

– E tu cosa hai fatto?

– Io ho aiutato a ritrovare la strada verso il mare ai pesciolini, molto spaventati, che avevano perduto l’orientamento.

– Ma non è Giove, in persona, che può provocare tempeste?

– Sì, vedo che conosci molte cose. Saprai anche che Giove, se implorato, è sempre disponibile a intervenire, ora per l’uno ora per l’altro. Ha un buon cuore anche, se a volte, sembra che i suoi interventi procurino danni. Mentre parlano, Sira prende per la mano l’amica e la porta, verso l’isolotto, loro nido d’amore.

Quando si sono adagiate in una conca di roccia dello scoglio, guardano le stelle.

Il bene che si vogliono è rimasto tenero e molto affettuoso, non ha manifestazioni solo materiali, infatti già solo la vicinanza è per loro gioia.

Dopo un poco, Seopra si diverte a distribuire i lunghi capelli neri della sirena, sulla parte dello scoglio dove poggia la testa, creando una grande aureola. Quindi le carezza il viso e prolunga le carezze fino al margine dei capelli mentre le sussurra: – Come sono belli i tuoi capelli, sono lucenti, morbidi ma anche molto resistenti. Sistemati così, intorno alla tua testa, sembrano in cuscino intrecciato. Il mio cuscino preferito.

Seopra poggia la testa sul “cuscino”, ma solo per un momento. Poi continua a giocherellare con i capelli, questa volta li riunisce tutti sul viso della sirena, lasciando liberi solo i grandi occhi azzurri che brillano, anche se l’alba è ancora lontana.

– Ecco, così sembri un mostro brutto e nero, ma con due occhi meravigliosi. Questo è il mio mostro preferito.

  – Sei proprio una pazzerella, ora ti mangio, – dice Sira, spalancando la bocca e mostrando i denti.

– Vediamo come fai? Piccolo brutto mostro, sei in mio potere, io “grande sacerdotessa”.

Risponde Seopra, mentre infila nella bocca aperta, quanti più capelli può, Sira ride dimenandosi ma non si difende. La fanciulla, allora, scherzosamente infierisce, le salta addosso, la tiene ferma con le gambe e comincia a colpirla, con le mani, da tutte le parti. Più che colpi sono carezze e pizzicotti che, divertono ancora di più la sirena che, tra una risata ed un’altra, la prende in giro dicendole: – Dai, più forte! Cos’è questo solletico che mi fai? Già le sacerdotesse hanno le mani delicate, poca forza e movenze gentili.

– Ah! È così che la pensi? Ora ti squamo! … Ahi, che male.

Le squame sono molto dure, il tentativo scherzoso di Seopra, le produce una leggera escoriazione. Sira, ancora divertendosi, interviene per consolarla, le prende la mano e porta il pollice alla bocca per lenire il dolore.  Ma Seopra “scoppia” a ridere e. continuando con l’altra mano a pizzicare la sirena, le dice: – Ma che fai? Non è quello il dito! È l’indice. Ahi, il mostro mi morde, aiuto. Sira salvami.

Il dialogo a questo punto finisce, si abbracciano e per il resto del tempo, trascorso sullo scoglio, sommessi mormorii amorosi prendono il posto di scherzose parole.

Sulla strada del ritorno al tempio, le due amiche parlano della loro esperienza amorosa. Serapo è molto contenta per le attenzioni premurose di Nettuno, confida a Seopra che il dio la tratta con molto tenerezza, le racconta la vita degli esseri marini e quello che succede nel mare. Seopra le parla di come l’amicizia con la sirena sia impostata su un rapporto semplice e molto allegro, lamenta tuttavia il poco tempo che ha per stare insieme. Serapo allora risponde: – Ci vorrebbe la conchiglia del tempo, devo chiedere a Nettuno se è possibile prestartela. Il potere della conchiglia sul tempo è straordinario.

– Non credo che Sira sia d’accordo per una simile richiesta al dio, lei è libera e indipendente, con Nettuno non vuole compromessi o patti.  Poi non abbiamo tempo, domani all’alba sarò nel tempio sotterraneo, per gli ultimi preparativi. Ho solo dopodomani per vedere Sira, poi, con la venuta di Serapide tutto può cambiare. Ho una strana sensazione che “qualcosa” mi impedirà di vedere la mia sirena. Anche lei pensa che sarà così.

– Di questo ne abbiamo già parlato, non avrai tempo durante i festeggiamenti, ma dopo sì!

– Dopo? La mia sensazione è forte, sospetto che riguardi proprio il “dopo”.

– Serapide raramente sceglie una vestale da portare via, altre volte però è accaduto. Se avesse bisogno di nuove sacerdotesse, per templi lontani, potrebbe portarti via. Considerando i meriti che hai accumulato nella tua preparazione nel tempio sotterraneo, ed essendo, per questo, la prediletta delle sacerdotesse, la tua sensazione non è certo priva di fondamento.

– Questo che dici, non lo sapevo. Sono sempre le tue parole che danno un senso ai miei pensieri o ai miei dubbi. Se sarà così, mi mancheranno molte le mie amiche del cuore, ma sarò soddisfatta per il mio destino di sacerdotessa.

– Le devote e brave come te diventano le predilette della dea Serapide, esse saranno sempre sotto la sua diretta protezione. Nulla può accaderti.

– È da quando ero bambina che non vedo la dea Serapide, come era bella. Ricordo che mi prese per mano e poi volle sapere chi erano i miei genitori.

– È così. Fu lei che ti scelse come futura vestale.

– Anche io sono stata scelta da lei, in un’altra città, in un tempio lontano. Ma, al contrario di te, non mi ricordo nulla della dea. Il mio ricordo parte da quando fui condotta in questo tempio.

Le due fanciulle raggiungono il tempio, appena in tempo per la cerimonia del mattino. Nulla traspare della loro felicità mentre, insieme alle altre vestali, compiono danze e canti, ma nei loro pensieri permane il ricordo dell’infanzia.

L’arrivo di Serapide. La luna piena all’orizzonte, le parti alte del tempio illuminate da fiaccole, il fuoco sacro che brilla in tutti i patii, le vestali in piedi sui muretti delle terrazze, i gioielli delle vestali che luccicano al chiarore della luna, acquistando un tremolio rosso per la fiamma delle fiaccole e dei fuochi formano uno spettacolo eccezionale. Una musica delicata ma intensa, note soavi di flauti e strumenti tintinnanti, completa la magia accompagnando al tempio il corteo della dea Serapide, comparso all’improvviso sulla parte alta della collina.

Aprono il corteo quattro egiziani, che portano uno strano braciere, nel quale una fiamma azzurra e bianca arde senza fumo. Otto vestali, quattro per lati, vestite con tuniche argentate, con movimenti sincronizzati due alla volta accendono una fiaccola nel fuoco del braciere. Il fuoco delle fiaccole è solo azzurro e quando, con movimenti leggiadri, le fanciulle innalzano le fiaccole verso l’alto, un intenso raggio s’innalza verso il cielo per decine di metri, lasciando spente le fiaccole. Il movimento sincronizzato, anche con la musica dei “tintinnii”, permette una coreografia continua nel cielo.

        Seguono il gruppo iniziale un gruppo di sei sacerdotesse, vestite di bianco, che portano un cuscino rosa, sul quale preziosi oggetti sacri brillano alla luce della luna. Immediatamente vicino otto vestali, in fila per due, suonano flauti d’argento, mentre ancora quattro egiziani, fanno tintinnare campanelli e sonagli, posti su lunghi bastoni di legno. Altri quattro egiziani, alti robusti, portano un trono circondato da una luminescenza azzurra che, come i raggi delle torce, s’innalza nel cielo. Quasi invisibile, tra questa luce avvolgente, la dea Serapide siede sul trono d’oro, s’intravede il colore verde smeraldo della sua tunica. Due scettri, ricoperti da puri smeraldi, che porta incrociati sul petto secondo la tradizione egizia, superano la luce avvolgente e appaiono nella loro piena lucentezza preziosa. Chiudono il corteo le rimanenti otto vestali, alternate alle sei sacerdotesse, tutte portano insegne sacre e tralci fioriti. I vestiti di queste ultime sono di colore turchese. Tutte le vestali hanno un nastro d’argento che, intrecciato   con   fili d’oro, lega i capelli neri che denotano la loro origine persiana. Le sacerdotesse hanno sulla testa un diadema prezioso.

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