Glis glis – 4

Dopo pranzo condusse il suo compagno al proprio quadrato, ne illustrò a gesti i lati del perimetro cercando di precisare la differenza con il territorio triangolare. Quando la luce della volta iniziò a diminuire, da un punto del bosco dal quale era visibile la zona del triangolo gli fece osservare la radiazione. Fu molto soddisfatto dall’attenzione e dalle buone doti mentali di M 40/5 che permettevano una buona comprensione dei suoi messaggi.

Erano molti anni che “il calar del sole” era ritenuto un dire retorico, da molti anni ormai nelle cupole il giorno e la notte erano programmate. 

Si salutarono ancora una volta, traballando su due zampe, in uno stretto abbraccio abbastanza affettuoso sempre seguito da sonori squittii.

Accompagnò M 40/5 fino all’ingresso della tana sull’albero e poi si incamminò verso la propria, camminando di tanto in tanto in posizione eretta.

Durante il cammino in posizione eretta, analizzò il suo adattamento a questo nuovo modo di locomozione. Gli arti inferiori abbastanza robusti resistevano bene, il nuovo movimento, però, impegnava in maniera diversa, i muscoli estensori che dopo un poco risentivano della fatica, anche se non in maniera eccessiva. Ma quello che ancora non andava bene era l’estremità della zampa, non adatta ancora a poggiare interamente sul suolo. Notò che era facile camminare, ma molto più difficile stare fermi o rallentare molto. ci riusciva ma doveva compensare la perdita di equilibrio con spostamenti degli arti superiori e anche   del corpo … “goffo”, di   molte   parole non era mai riuscito a comprendere bene il significato! L’esperienza si dimostrava maestra.

Raggiunse la radura quadrata, salì sull’albero e di distese nella tana. Come al solito fece il resoconto della giornata.

Aveva raggiunto tutti gli obiettivi che si era proposto in mattinata, quello che gli era più a cuore era stato anche il più sorprendente “evoluzione”. Del resto, era coerente con le esperienze precedenti, prima evoluzione mentale ora evoluzione fisica. Ecco il perché della radiazione energetica. Stava quasi per addormentarsi quando udì un leggero fruscio, il Lab-bosco specie di notte era molto silenzioso. Tese bene le orecchie per ascoltare con più attenzione, più che un fruscio era una vibrazione, accostò l’orecchio al legno della tana e si accorse che l’albero emetteva questa vibrazione. Molto strano, non era possibile: gli alberi non emettono vibrazioni. Certamente l’origine di questo fenomeno non era vegetale. A tratti la vibrazione si fermava poi riprendeva, al principio più veloce poi rallentava il ritmo e si smorzava lentamente, anche questo andamento del ritmo gli sembrò strano. Questa fu la sua ultima riflessione prima di addormentarsi.

La mattina si svegliò piuttosto tardi, rimase anche un poco a poltrire sul giaciglio, sbadigliò molto e finalmente, ancora un poco assonnato, decise di uscire dalla tana. Guardò l’uscita e gli sembrò piuttosto piccola. Infilò la testa con facilità ma le spalle passarono l’uscio con difficoltà. Appena fuori, sul ramo stava per perdere l’equilibrio, inoltre ebbe l’impressione che il ramo si piegava sotto il suo peso. Si precipitò a terra e, senza pensarci, si trovò in piedi. Mosse alcuni passi e si ritrovò la testa piena di pensieri, ricordi e confusione. In ventiquattro ore erano successe troppe cose. Ora l’aumento delle proporzioni, del peso e la naturale posizione eretta immobilizzarono, per qualche attimo, il corpo e la mente. Sentì una strana sensazione alla gamba, poi un prurito dal ginocchio in su. Si grattò lentamente e con sorpresa si accorse che perdeva peli ogni volta che strofinava la mano, la mano? Sì, da sorpresa a sorpresa, la zampa aveva l’estremità come una mano umana anche se un po’ tozza.   L’associazione fu veloce, si guardò i piedi, l’aveva intuito prima di guardarli, anche la zampa posteriore si era modificata. Le dita si erano dispiegate ed allungate ed il corpo della zampa somigliava ad un tarso. L’anatomia umana era sempre stata la sua passione “scolastica”. Il corpo umano, era stata oggetto di un suo serio studio, quand’era nel laboratorio precedente, in particolare il sistema osseo e quello dei tessuti muscolosi erano stati la sua maggiore attrattiva. L’aspetto esteriore che stranamente in questo momento lui notava mutare era relativo alle sue conoscenze, anche questo pensò sembrava programmato. Forse la sua stessa esistenza era stata completamente predisposta.  Erano decenni che l’uomo programmava, predisponeva e progettava di tutto.

Assorto in questi pensieri, inconsapevole, si accorse che era giunto quasi nel territorio di M 40/5, anche questo percorso stava diventando automatico, significava l’assimilazione del territorio e della sua tridimensionalità.

La tana era vuota, il suo amico non c’era, mentre scendeva dall’albero sentì uno squittio proveniente dalla parte dove scorreva il limpido torrente. Appena a terra si avviò verso il torrente e, per fare una sorpresa al suo amico, rallentò e avanzò lentamente cercando di non fare rumore.

Riuscì nell’intento, ma la sorpresa l’ebbe lui.  M 40/5 squittendo lentamente si specchiava nelle limpide acque, mentre con una mano, la zampa anteriore piuttosto umana, si acconciava la pettinatura, ovvero i peli della testa che si erano anche allungati.

Lo guardò bene …  dall’atteggiamento e dalle movenze gli sembrò di essere di fronte ad un’umana femmina allo specchio. Il suo compagno era una compagna? Mentre la guardava sentì un sommesso squittio, oltre a specchiarsi sembrava anche che canticchiasse.

Rimase fermo, si sedette a terra e si accorse della “botola”, tra lui e  M40/5, nel mezzo del prato un quadrato era visibile perché molti fili d’erba erano rimasti piegati e chiusi nel perimetro della botola, questo  dimostrava che  era stata aperta  da poco e poi richiusa. Osservò i fili d’erba erano verdi e freschi, pian piano ne sfilò uno di quelli rimasti incastrati nella botola. Anche questo filo era piegato ad angolo ma ancora tutto verde, solo l’estremità, anzi solo la punta era leggermente bruna. Anche senza molta esperienza sulla circolazione della linfa, capì che la botola era stata chiusa da poche ore. Stava ancora accovacciato a terra, con il filo d’erba in mano, quando si sentì spingere da tergo e si ritrovò con il muso sulla botola. Ebbe paura. Si girò di scatto era stata M 40/5 che ora lo guardava divertita.

Non sapeva se divertirsi anche lui o arrabbiarsi, ma scelse di mostrare la botola con un dito indice indicò il contorno della botola.

Lei l’osservò, ma rimase impassibile e, continuando a squittire, si spostò sulla botola ed   iniziò a muoversi freneticamente, sembrava una “ragazza sul cubo”, penso lui. Che avesse anche lei queste conoscenze? Sicuramente. Com’era possibile che nel progetto mancava una cosa importante come la comunicazione tra loro due. Un linguaggio doveva pure esserci.  Lui leggeva da anni ma non parlava. Forse anche M40/5 aveva avuto la sua stessa istruzione in qualche laboratorio. La reazione fu immediata, cercò un qualcosa per scrivere sul prato, trovò un rametto, strappò un   poco d’erba e sul terreno, in maiuscolo scrisse: 

– IO SONO GLIS 35/3.

Lei gli prese dalle mani il rametto e sotto alla sua scritta, continuando a squittire divertita, scrisse:

– LO SAPEVO!

Lui ripulì il terreno e scrisse:

– QUESTA E’ UNA BOTOLA?

La risposta non tardò:

– SO ANCHE QUESTO.

La comunicazione continuò….

– SAI COS’E’?

– E’ LA NOSTRA TANA.

– DA QUANDO?

– DA DOMANI.

La guardò in silenzio, ma lei capì e da una fascia che aveva sul braccio, estrasse un oggetto nero e rettangolare, armeggiò un poco sui pulsanti e poi gliela mostrò. Sullo schermo a LED lui lesse:

Messaggio n° 27  Da Centro E.C. 10  a Glis M40/5 CC

Considerando le tue nuove dimensioni e le tue prossime necessità, vicino al ruscello troverai una nuova tana sotterranea, arredata come una stanza. Tra tre giorni sarai in grado di adoperarla così com’ è predisposta. Solo allora potrai comunicare con D 35/3 TC.

Questa volta la sorpresa fu troppo forte la sua giovane mente non riuscì a selezionare un filo logico, vacillò e, per non impazzire, si spense per un attimo. Senza la mente anche il corpo perdette la sua energia e si afflosciò sul prato.

Lentamente la sua mente si risvegliò come da un sonno, cominciò a sentire uno squittio, poi anche un urlo ripetitivo: Squit, squit.. D, D …. D …Squit D e oltre al suono sentì anche dei colpi, abbastanza violenti sulla parte laterale del viso.

Aprì gli occhi e si accorse che M40/5, china su di lui, lo schiaffeggiava e lo chiamava… Per nome? “D”, “D” . Fu sul punto di svenire di nuovo, ma questa volta la sua volontà prevalse e restò cosciente. Con la propria mano fermò la mano di M, facendogli dei segni per farle capire che era rinvenuto e sentì il bisogno di urlare: “Basta Emme” ma dalla sua bocca uscivano solo squittii. Emme comprese e smise di picchiarlo e si allontanò da lui. Quando la vide tornare si trovò tutta la testa bagnata! M aveva portato dell’acqua dal torrente in una grande foglia.

Lui ritrovò la sua allegria, riprese il ramoscello e sul terreno, un poco bagnato, scrisse:

– GRAZIE. ORA HO ANCHE IL BATTESIMO!

M, squittì allegra e gli si lanciò addosso, lui l’abbracciò forte ed insieme si rotolarono sul prato.

Rimasero un bel po’ sdraiati supini, con gli occhi verso il fogliame degli alti alberi e mano nella mano, ognuno pensando in silenzio poi si addormentarono abbracciati. D si svegliò per primo e pensava di collegare in sequenzialità i vari avvenimenti degli ultimi giorni in un unico filo logico.

Era difficile in quanto doveva tener conto della esperienza precedente, dello studio teorico, delle esercitazioni pratiche eseguite nei vari laboratori e dell’uso del computer in rapporto alla vita nel bosco, così semplice e naturale.

La differenza era notevole. Inoltre più difficile da catalogare e inserire nel quadro logico la recente evoluzione fisica sua e di M40/5, la sua compagna. Certo ora non aveva dubbi M40/5 era proprio una femmina, i fianchi più tondi dei suoi, le mammelle più pronunciate e tutto il resto che ora si vedeva bene! Ma allora anche a lui si vedevano bene i suoi attributi maschili?

Controllò era vero ma gli sembrò indifferente, non si vergognò come Adamo … Lui non aveva ancora peccato!

Ma la sua maggiore curiosità era centrata su lei, non tanto per l’aspetto fisico ma sulla diversa evoluzione. L’educazione che aveva ricevuto lei, le esperienze di laboratorio e forse tutto il resto era diversa da quella che aveva ricevuto lui.  Notevole era anche il collegamento tra lei e il Centro. L’agenda elettronica, che lei possedeva, non era altro che un computer di una generazione ancora più evoluta di quella che ricordava lui.

La camera sotterranea? Comunicare con lui? Sempre troppe domande senza risposta.  Ricominciò da capo.  Prima di tutto aveva bisogno di una collocazione temporale: quanto tempo era trascorso dall’arrivo nel laboratorio-bosco? Non più di una settimana. Possibile! Gli era sembrato molto di più, ma era così. Certamente lei lo sapeva esattamente. Ora diventava necessario valutare il trascorrere del tempo, decise così di costruirsi un calendario, considerando che la volta simulava il giorno e la notte.

Sempre il solito fantasioso e distratto, nel computer di M40/5 vi era la data esatta. Sorrise, le sue elucubrazioni lo portavano spesso all’inutilità.  Per distrarsi un poco si mise ad osservare M40/5 che dormiva con la bocca leggermente aperta. Le sue labbra erano più spesse delle sue e avevano un disegno abbastanza umano. I denti? Per vederli con un dito pian piano le aprì di più la bocca, M40/5 si mosse ma non si svegliò. Osservando la dentatura, la lingua e il palato si accorse che erano quasi uguali a quelli umani. Ecco perché, rinvenendo, aveva sentito il suo nome, ovvero solo la lettera “D” , così come lo chiamava la sua istruttrice. Cercò allora di pronunciare anche lui “M”, mise in posizione le labbra: ee …. e …  non riusciva a dire altro. Ritentò: — E E E …. EEE, riusciva solo nella “vocale”, già era un passo avanti. Riflesse! vocale … vocali!  Riprovò deciso: E, E, EE …  I,I,I, III … A,A,A AAA … ,U, U, UUUU … UO, UO, UO.

Nell’ “O” proprio non riusciva, le sue labbra evidentemente non riuscivano a posizionarsi. Forse … doveva frequentare una scuola, per essere scolarizzato alla lingua parlata. Mentre si lasciava andare a tutti questi pensieri, si accorse che, a terra, era stata lasciata l’agenda da M40/5. Allungò una gamba e con il piede tentò di prenderla, ma era molto difficile riuscire perché il suo nuovo piede aveva acquisito caratteristiche più pedonali che prensili. Dopo alcuni tentativi riuscì a spostare l’agenda più vicino, ma non ancora a portata di mano. Forse adoperando i due arti inferiori l’operazione sarebbe stata più facile, allora pian piano cercò di liberar l’altra gamba, immobilizzata dal corpo della sua compagna. Ma anche quest’impresa si mostrava complessa, la glis aveva un buon peso, inoltre i piedi di lei erano avvinghiati al suo polpaccio. Tentò, con un movimento lento ma continuo cominciò a sfilare la gamba dalla presa dei due piedi. Quando giunse al punto finale di sfilare il suo piede piuttosto cresciuto la difficoltà aumentò. Doveva forse operare una rotazione dell’intero arto per agevolare lo sfilo, lentamente cominciò questa nuova operazione ma fu proprio in quel momento che M40/5 si svegliò. Lui le sorrise, almeno pensò di farlo in quanto non sapeva se ne fosse capace, ma dall’ espressione più o meno sorridente di lei, si accorse di esserci riuscito. Liberò la gamba, anche perché lei si era seduta, e allungò l’altro piede verso l’agenda, lei se ne accorse, la recuperò e gliela porse, con un gesto molto naturale e gentile. Lui non si meravigliò, ormai la fase di meraviglia era passata ora era iniziata la seconda, quella del chiarimento e della consapevolezza. Osservò l’agenda per trovare l’accensione, l’Off non c’era! Lei capì e premette un tasto a caso e l’agenda si accese. Questi nuovi apparecchi elettronici avevano semplificato molte azioni, chiaro il cominciare significava in sé un input. Cancellò la lettera X, quella indicata a caso da M40/5, e scrisse:

– TU COME FAI A PARLARE? PERCHE’ NON LO INSEGNI ANCHE A ME?

Anche lei rispose per iscritto:

– FA PARTE DEL PROGRAMMA. ENTRO UN MESE LO FAREMO MOLTO BENE. IO HO APPENA INIZIATO.

Poi a voce aggiunse:

  • Io sono Emme 40/5 del programma Evoluzione Controllata, sezione Collegamento e Controllo.

Tu sei D 35/3 TC.

La sua voce era molto lenta e le parole erano molto sillabate, inoltre la “r” era pronunciata con difficoltà. Lui rispose per iscritto:

– SO CHE SEI M40/5 DA QUANDO SIAMO ARRIVATI L’HO VISTO SULLA TARGHETTA DELLA GABBIA.

COSA SIGNIFICA TC DOPO IL MIO CODICE DI IDENTIFICAZIONE.

Questa volta la risposta fu per iscritto, anche perché il tempo impiegato era minore di quello orale!

– SEI UN BUON OSSERVATORE. TC SIGNIFICA TECNICO COSTRUTTORE. IO NON PENSAVO CHE M40/5 FOSSE UN CODICE, CREDEVO CHE FOSSE UN NOME.

Il dialogo scritto continuò:

– QUAL E’ LO SCOPO DELLA NOSTRA MISSIONE? PERCHE’ EVOLUZIONE?

– NON SONO IN GRADO DI RISPONDERTI. L’HO CHIESTO SPESSO AL MIO ISTRUTTORE, MA LA SUA RISPOSTA E’ SEMPRE STATA LA STESSA: “LA RISPOSTA E’ NELLA MISSIONE. SIETE VOI CHE DOVRETE COMPRENDERE”.

– COSA SAI DELLA VIVRAZIONE, CHE DA POCHI GIORNI, SOLLECITA IL BOSCO? ANCHE MENTRE ERAVAMO SULL’ AUTOVIA HO NOTATO UN SALTO DI ENERGIA. E’ UN FENOMENO CHE NON COMPRENDO.

– LA VIBRAZIONE L’HO NOTATA ANCH’IO, HO CHIESTO INFORMAZIONI AL CENTRO, ATTENDO UNA RISPOSTA.  SULL’ AUTOVIA   HO DORMITO TUTTO IL TEMPO.

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