Ritornò verso la sua tana. La giornata volgeva alla fine, infatti il chiarore si andava dissipando.
Questo secondo giorno, trascorso nel Lab-bosco era stato molto produttivo, infatti aveva realizzato le prime necessità che aveva stabilito. Limite del territorio e ricerca del glis. La seconda ricerca era andata oltre il previsto, aveva allacciato anche rapporti sociali, era proprio soddisfatto. Per la sua buona resistenza fisica, in un solo giorno aveva esplorato il territorio, costruiti i riferimenti per gli assi, scorrazzato con il glis amico, eppure non era stanco minimamente e non aveva nemmeno sonno. Per lui la fatica era un bisogno del proprio essere, anzi l’eccitava quasi.
Raggiunse la sua tana, si fermò fuori di essa sul largo ramo, alzò la testa e si mise ad osservare la volta celeste, aggettivo dovuto al condizionamento umano. Stava molto scomodo, decise di sdraiarsi sul dorso così avrebbe potuto osservarla con più comodità. Questa posizione era per lui nuova, solo da cucciolo l’aveva assunta, a volte, per gioco. Era comoda per guardare verso l’alto, ma scomoda perché il dorso non era qualificato per poggiare per terra, anzi sul ramo, anche molto duro e nodoso.
La volta raggiunse il minimo d’intensità simile a quella di una notte di luna. Rimase un bel po’ a pensare il perché di molte cose, Il Lab-bosco, l’esperimento di ampliamento della sua mente, l’acquisizione del sapere umano, l’altro Glis, la volta, già la volta era formata da un campo di energia oppure era materiale? Considerando che nel Lab-bosco non viveva nessun volatile, il campo di energia era quasi una certezza. Già! Volatili? Insetti e tutti i piccoli organismi di un ambiente naturale dov’erano? Decisamente era il solito distratto, avrebbe dovuto accorgersene prima. Ma a che scopo? Tanto non cambiava nulla. Fu allora che il dolore del dorso si fece insopportabile, si rigirò e, sentendosi le zampe indolenzite ed anche un poco irrigidite, scese dall’albero.

Decise di fare un giretto esplorativo notturno, si allontanò dal suo territorio. Ma, come oltrepassò il perimetro, si trovò in pieno buio. Si girò indietro e si accorse che solo il quadrato era illuminato da una luce che pioveva dall’alto. A tentoni si allontanò ancora di più, per meglio osservare il fenomeno. Quando fu ad una ventina di passi si accorse che la luce “pioveva” a forma di piramide, ovviamente a base quadrata, il vertice era un punto della volta ben individuabile. Ma come poteva raggiungere così bene il suolo, attraverso il fogliame denso delle chiome? Ne fu certo, era una radiazione. Istintivamente si girò verso il territorio del Glis amico, individuò un altro punto della volta con la luminescenza a piramide. Non era il caso di verificare, quella seconda piramide era a base triangolare! Ritornò alla tana, questa volta senza fermarsi, si stiracchiò sul giaciglio e si addormentò quasi di colpo. La giornata, anche con l’ultima novità notturna, era diventata stancante per la sua mente.
La terza giornata iniziò con una lunga permanenza nella tana, D 35/3 rimase a lungo meditando sul da farsi. Talmente condizionato dalla sua vita con il computer non riusciva a concepire un agire senza programmazione. Così il suo cervello che analizzava, con una certa continuità, gli avvenimenti del passato e del presente per ricavare ipotesi sul futuro. Questo suo meccanicistico, forse meglio elettronico modo di pensare, anche se permetteva una discreta velocità di elaborazione comportava, molto spesso, delle ipotesi errate spesso assurde rispetto a una semplice linearità del progredire di una situazione. Per questo considerava di avere una buona capacità di analisi ma poco quella deduttiva.
La sua prima tesi programmatica fu quella relativa all’analisi del Lab-bosco, ovvero la verifica di una già formulata ipotesi artificiale dell’intero bosco. La seconda necessità, legata alla prima, sarebbe stata di individuare il tipo di esperimento al quale lui e l’altro Glis erano sottoposti. La terza cercare di capire il perché della radiazione.
L’irraggiamento notturno, forse anche diurno, doveva rappresentare certamente un parametro principale e reale dell’esperimento. Completava la terna, se possibile, una eventuale esplorazione al di fuori del laboratorio.
Per verificare queste tre ipotesi era necessaria l’individuazione dei sistemi di controllo fisici e psichici per meglio analizzare l’esperimento attraverso i dati stessi. Se, come spesso accadeva, l’esperimento era controllato da un computer sarebbe stato facile, una volta individuato il tipo di collegamento, avere i dati e forse scoprire anche gli obiettivi.

Era giunto il tempo di fare colazione e iniziare una giornata di esplorazione. Si stiracchiò inarcando il corpo, si raggomitolò e, facendo una capriola, uscì fuori dalla tana. Per poco nello slancio non precipitò nel vuoto. Correndo agguantò da un ramo alcune bacche succose che masticò mentre scendeva lungo il tronco.
Una volta a terra si mise ad osservare l’albero. La corteccia sembrava proprio di legno, ne staccò una scheggia con un morso, osservò le fibre, troppo imperfette per essere artificiali. Non perché la natura sia imperfetta, pensava, ma perché la tecnologia non possiede varietà e casualità così semplici, componenti queste che realizzano la natura nella sua perfezione. Concluse che gli alberi erano naturali. Alberi naturali presuppongono ambiente naturale, allora anche il terreno era naturale? Bastava osservare. Ma quello da individuare era la profondità del sottosuolo, perché certamente il laboratorio non era posto in un bosco, semmai era il contrario! Questo lui lo sapeva per esperienza, l’uomo era stato sempre capace di inscatolare qualunque cosa, dalle sardine a sé stesso. Decise così di scavare un pozzetto di sondaggio, quasi una tana. La sua specie era in grado di lavorare molte ore sottoterra, lui non aveva mai vissuto in un ambiente naturale, non aveva mai scavato. Era nato in un laboratorio. Dal momento della sua nascita non aveva fatto altro che passare da un laboratorio ad un altro e quindi non aveva sviluppato le sue caratteristiche naturali, pur possedendole e spesso riscoprendole nell’istinto.
Ogni volta che si trovava ad affrontare delle prove legate alla sua natura doveva superare un periodo di adattamento. Fino a quel momento era sempre riuscito a adattarsi con l’aiuto della logica e della sua caparbietà.
Questa volta l’adattamento fu abbastanza veloce, riusciva a scavare con facilità un cunicolo, La mancanza di aria e di luce era sopportabile. Lo scavo procedeva bene e l’inclinazione di circa quarantacinque gradi gli agevolava la posizione di lavoro.
Ad un’analisi sommaria il terreno era stratificato, sentiva sotto le unghie e dall’odore le variazioni. Altra caratteristica, che rilevò, fu la maggiore umidità in rapporto alla profondità. Improvvisamente si accorse che non poteva più procedere allo scavo perché la melma non permetteva più compattezza del terreno. Anche il suo pelo ormai era infangato. Smise, si rigirò e riprese la salita per il ritorno in superficie. Non aveva dubbi il Lab-bosco era artificiale ma naturale come alberi e terreno, era anche piuttosto asettico e sterilizzato come tutti gli ambienti umani.

Finito lo scavo, ripensò alla condizione degli umani. Erano già molti anni che l’uomo, per una continua e crescente incapacità a resistere a batteri e virus, viveva in ambienti isolati e sterili. Nei virus si era innescato un sistema di sopravvivenza basato su una continua trasformazione cellulare che rendeva i prodotti farmaceutici inefficaci, addirittura dopo alcune ore. I primordi di questa immunodeficienza, ovvero l’incapacità dell’organismo a produrre anticorpi, erano comparsi sulla terra intorno agli anni mille novecento ottanta. L’Aids, così chiamata questa malattia, la cui origine molta discussa ma mai certa, si era sviluppata in poche zone del pianeta nell’ambiente degli omosessuali e della droga, si era diffusa in pochi anni su tutta la terra, attraverso portatori sani in maniera diretta. Essendo una malattia legata al sangue ed al liquido seminale, trasfusioni e rapporti sessuali avevano contribuito alla sua veloce diffusione.
Intorno all’anno 2016 questa calamità era stata quasi del tutto debellata, ma dopo il caos del duemila ventuno, questo virus era ricomparso più agguerrito ed evoluto e a nulla era valsa la pur avanzata scienza medica.
Dal duemila trentadue le cupole d’aria isolavano i rimanenti umani dal loro pianeta, l’uomo aveva perduto definitivamente con la natura, aveva perduto il possesso del pianeta! Il sogno dell’uomo di vagare per i mondi del cosmo in uno scafandro si era realizzato sulla terra. Quando gli umani uscivano dalle città, protetti da scafandri, scoprivano un nuovo mondo, un mondo ostile ed anche pericoloso. La ricerca spaziale era stata sospesa, la scienza per la prima volta nella storia dell’umanità aveva abbandonato sogni ambiziosi e si era dovuta completamente dedicare alla sopravvivenza dell’uomo. Anche la politica, le norme sociali, la morale avevano subite delle modifiche profonde, non tanto come ideologie, già piuttosto in fusione e confusione dall’inizio del terzo millennio, ma come distacco dalla realtà.
Lo stato di necessità era diventato lo Stato.
Per una sorte avversa le utopie, il pensiero filosofico naturalista e la filosofia anarchica si erano realizzate. La fratellanza dell’uomo, sogno irreale del cristianesimo, era diventato realtà con la scomparsa della famiglia. La comunità aveva scoperto, dopo secoli di civiltà fondata sulla famiglia come base della società, il valore dell’individuo. Un nuovo umanesimo fondato sulla necessità di sopravvivenza con il pieno rispetto della vita altrui con la consapevolezza che la propria esistenza era subordinata all’esistenza degli altri. Dunque, non rispetto della vita per norme morali, religiose, filantropiche ma per necessario ordinamento socio-naturale.
. L’eliminazione del denaro, inutile perché sparite le merci di scambio. La produzione di ogni comunità aveva trasformato le classi sociali in ruoli sociali privi di privilegi, con la conseguente scelta di membri adatti ai diversi compiti in base alle reali capacità, una vera e propria meritocrazia.
Con modifiche dell’organismo la procreazione diminuiva con continuità
Questa nuova vita molto materiale aveva allontanato l’uomo da qualsiasi spiritualità religiosa di tipo collettivo, tuttavia individualmente secondo la propria sensibilità, cultura, intuizione l’uomo aveva riscoperto una diversa spiritualità, non rituale, non di culto ma di fede in sé stesso, nell’altro, nella comunità come espressione di vita concreta. La base teorica dei dieci comandamenti, era diventata principio di vita, e le norme pratiche principio di fratellanza.
Il sapere scientifico dell’uomo non era andato perduto, anzi era cresciuto notevolmente. Aveva raggiunto traguardi notevoli in quelle aree scientifiche necessarie all’esistenza dell’uomo.
Solo da pochi anni l’uomo aveva ripreso gli studi della biochimica, della cibernetica e del controllo sull’evoluzione biologica animale. Quest’ultima necessaria per le poche nascite. Uno strano virus, sempre più diffuso, rendeva i rapporti tra uomini e donne senza possibilità di procreare.

Forse, anzi sicuramente, lui e Glis M40/5 facevano parte di un esperimento di questo tipo. Come al solito la sua mente aveva divagato sull’umanità, vero è che queste conoscenze a lui erano state date, altre le aveva carpite, ma in questo momento lo allontanavano dalle sue reali necessità: lo studio del territorio e del progetto base dell’esperimento.
Ritornò verso la tana, lungo il cammino vide alcuni glis che al suo passaggio fuggivano impauriti. Per la prima volta notò che le sue dimensioni erano molto aumentate. Anche ciò gli sembrò molto strano.
Entrò nel quadrato, superato il lato si accorse in maniera evidente della radiazione che lo colpiva dall’alto, la sentiva quasi penetrare sottopelle. Si soffermò a meditare su questa sensazione, l’avvertiva molto bene ed ebbe la consapevolezza di averne bisogno, infatti la fatica dello scavo, sotto l’irraggiamento, era completamente sparita. Doveva essere era una radiazione energetica. Provò il desiderio di comunicare a Glis 40/5 queste sue nuove deduzioni, ma come avrebbe potuto? Ci avrebbe pensato dopo, per il momento decise di vederlo, s’incamminò così verso la tana della radura triangolare.
Raggiunse il triangolo. Decisamente quel giorno era pieno di sorprese.
Al centro del triangolo vide M 40/5 che camminava lentamente, un po’ sculettando, in piedi sulle due zampe posteriori, lui non aveva mai visto un glis camminare così. Senza farsi vedere, provò anche lui per alzarsi su gli arti posteriori, prima con titubanza poi con decisione, ci riusciva anche lui! Mosse i primi passi, in quel momento M 40/5 si girò, si guardarono, traballando si corsero incontro. Si abbracciarono ed insieme, l’uno avvinghiato all’altro, caddero rotolandosi per terra sempre abbracciati. Dalle loro bocche uscì uno strano squittio, questa volta ne fu ancora più consapevole, erano sonore risate che echeggiarono per tutto il Lab-bosco.
La consapevolezza di essere diversi dagli altri istaurò immediatamente un rapporto di amicizia e simpatia, anche se non potevano comunicare verbalmente, i due glis a gesti e con molto intuito, riuscirono a trascorrere insieme un intero pomeriggio. Per la prima volta D 35/3 fece un pranzo diverso, M 40/5 preparò un misto di bacche, nocciole e foglie tritate, cioè strappate a piccoli pezzettini, al quale aggiunse linfa e acqua del ruscello. Vicino alla tana del triangolo vi era un limpido ruscello. L’unione di questi ingredienti, anche per la linfa contenuta nel gambo delle foglie, diedero alla pietanza il sapore di in una minestra aromatica, molto gustosa. Mentre mangiava pensava alle pietanze degli umani, per giorni aveva letto, trovandolo anche interessante, un libro di cucina con moltissime ricette. Forse anche M 40/5 lo aveva letto.

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