Primo giorno – parte 5
– Ragazzi state attenti un momento. La vostra compagna ha chiesto un consiglio per colorare il cielo. Se per il campo di papaveri i colori scelti dovevano essere, più o meno, uguali per tutti: un rosso e due verdi, per il cielo siete molto più liberi di scegliere i colori che vorrete. Ovviamente sempre tre colori del cielo, questi tre colori gli sceglierete in base alla vostra decisione sull’ora e sulle condizioni del tempo. Qualunque sia l’ora considerate, per il momento, sempre il sole alle vostre spalle. Potreste avere difficoltà, con questa tecnica, a inserire il sole nel cielo. Poi con più esercitazioni vi sembrerà molto semplice farlo.
Con la spiegazione approfondita ha capito così bene che gli viene in mente una domanda:
– Professore scusi, volendo rappresentare la mattina molto presto e il tempo sereno posso lasciare le superfici piccole bianche nel cielo?
– Certo che puoi. Hai deciso bene, io ancora non l’ho spiegato – è la risposta.
Un’alunna osserva: – È chiaro. Il bianco sempre un colore è.
– Non mi sembra proprio. Il bianco e il nero sono solo la luce o la non luce, cioè il buio –risponde Aldo.
La risposta pronta di Aldo meraviglia molto il professore che esclama: –Esatto Orim, ma tu come lo sai? Chi te lo ha spiegato? Dove l’hai letto? – Me l’ha detto mio nonno. Se ho un padre, devo avere anche un nonno, pensa.
La famiglia anche in questo strano posto sembra una certezza. Ormai doveva essere pronto nelle risposte, poi capisce che sono molto più difficili le risposte che le domande, anche perché queste ultime si possono evitare.
Completata la campagna si dedica al cielo, questa tecnica comincia a piacergli. Quando da ragazzo aveva frequentato la scuola media, la materia Educazione artistica non era stata molto lusinghiera per lui che non era portato per il disegno, inoltre l’insegnante spiegava poco le tecniche lasciando disegnare liberamente e lodava sempre gli stessi, i più bravi.
Passano quasi due ore, quando il cielo comincia a essere completo Aldo è soddisfatto. Quando la lezione finisce, vengono raccolti gli elaborati, gli album e le cassette di legno. Queste due ore di lezione sono state piacevoli e divertenti.

Le due personalità, l’uomo maturo serio e l’adolescente allegra e spontanea, vivono in lui senza interferenze, a volte prevale l’una a volte l’altra. Anche di questo lui comincia ad averne consapevolezza. A scuola si sente molto Odla, molto di più di come lui aveva deciso di essere per migliorare l’adattamento. Quando riflette è Aldo, quando invece si abbandonava alle sensazioni, alla spensieratezza, al vivere pratico, prende il pieno possesso del corpo e della mente Odla. Ecco perché era rimasto indifferente alle moine affettuose delle mani della sua amica Oilitta.
Lui, in un primo tempo, aveva pensato in una convivenza di due esseri ma ora, dopo queste ultime esperienze, ha cambiato idea. Non gli sembra proprio convivenza ma ha la sensazione che sia probabile un’alternanza.
Come un automa Aldo ha preso la cartella e ha seguito gli alunni che lasciano l’aula. Vicino alle biciclette trova Oilitta, uscita prima di lui, e Onavi che l’aspettavano.

Aldo mette la cartella a tracolla e sta per prendere la bicicletta quando Oilitta, che insieme all’amica l’osservava in silenzio, l’accoglie con una delle sue solite battute:
– Come si vede che la ragazzina non fa fondo! Se ne viene piano, piano come una palla.
– Ma tu sei sparita come una freccia, altro che fondo. Ricordati che la palla, se lanciata bene, è molto veloce. Carina – risponde Odla, mentre con il pollice e il dito medio prende il naso dell’amica e glielo “scampana”.
Onavi, comincia a ridere vedendo Oilitta piuttosto sorpresa dalla reazione di Odla, quindi interviene dicendo:
– Se continui così, altro che carina? Le verrà un naso rosso a peperone – e,continuando a ridere, aggiunge – Odla, lascia stare il bel nasino. Stabiliamo a che ora vogliamo vederci per la passeggiata.
Odla, sempre con il naso di Oilitta tra le dita risponde: – Io non conosco il vostro indirizzo, venite voi a prendermi a casa.
Oilitta emette un lamento, il naso le duole, Odla lascia il naso che, dopo tanti tintinnii, veramente si è arrossato. Onavi guarda il naso rosso e sentenzia:
– Come punizione per le tue battute sceme mi sembra abbastanza saggia, ne terremo conto. È vero Odla?
– Povero il mio naso. Siete impazzite! E poi se una mia battuta non è scema. Cosa fate?
– Battuta non scema? Perché sei capace di farla? –dice Onavi.
Odla fa la mossa di prenderle ancora il naso poi l’abbraccia ed esclama:– Carina con il nasino rosa. Lei è sempre la mia amica preferita, dopo Onavi però.
Oilitta non dà peso alla battuta, distratta e contenta dell’abbraccio dell’amica che ricambia con forza. Onavi, ancora ridendo, prende la sua bicicletta e dice:
–Ciao Odla, non la stritolare troppo. Allora ti veniamo a prendere a casa verso le cinque del pomeriggio, prima io passo a prendere Oilitta.

– I compiti li facciamo insieme? –dice Odla
– Ma sei proprio una fuori i regolamenti, io non voglio essere punita –esclama Oilitta, e mentre si stacca dall’abbraccio continua – No, non ci sto. È pericoloso, pensa che noi abitiamo vicino e non ci è mai venuto il pensiero di farlo. Ho ragione a dire che sei un poco strana. È da stamattina che dici cose curiose. Oppure è uno scherzo che ti è venuto in mente? Ho capito sei una che si diverte. Vero?
– E tu ci caschi sempre simpatica scemetta. È chiaro che scherzavo. Onavi tu l’avevi capito. Vero?
– Sì, ma non subito. Poi quando Oilitta ha protestato e tu la guardavi fingendo anche meraviglia, ho capito che la prendevi in giro. Ciao, amiche mie.
Onavi parte veloce con la bicicletta. Odla sorride all’amica, sale sulla bicicletta, con la mano libera carezza il viso di Oilitta, le butta un bacio e segue Onavi.
Solo per un attimo pensa compiti insieme. Doveva adattarsi senza pensare troppo e senza chiedere, oppure capire a chi e come chiedere. Pedalando veloce raggiunge Onavi, le si accoda e dopo pochi metri anche Oilitta si unisce al gruppo. Il passaggio a livello è aperto per cui il ritorno è veloce. Quando arrivano nei pressi del cancello della casa di Odla, le tre amiche si salutano con gesti affettuosi.
Il cancello è socchiuso, si ferma e lo spinge con la ruota anteriore. Entra, posa la bici e si avvia verso la porta.

Si ferma un attimo a guardare la casa, è semplice ma ben rifinita con legno e piastrelle di maiolica. È ornata da vasi di terracotta, sistemati lungo il muro, che contengono fiori colorati e curati. È proprio una casetta piacevole, curata e pulita. Entra in casa. Al tavolo della cucina è seduto un giovanotto che pranza da solo, non vede la mamma. Senza perdersi di coraggio dice ciao allo sconosciuto e poi subito aggiunge:
– Dov’è la mamma?
– Ma che dici Odla? Sono anni che quando torni da scuola, la mamma è al lavoro. Oggi cosa ti salta in mente?
– Ho sbagliato. Stavo pensando al compito in classe di domani. Volevo dire cosa ti ha cucinato la mamma?
Anche se con imbarazzo nel trovare al momento le parole, riesce a cavarsela anche questa volta e, come si era abituato già dalla mattina, previene un’eventuale risposta con una domanda:
– Il compito è un tema sulla mia infanzia, ti ricordi qualcosa di interessante che potrei scrivere? Io mi ricordo troppe cose e non saprei scegliere.
– Quando tu eri piccola io già andavo a lavorare. Mi ricordo poco. Solo che stavi spesso insieme ai gemelli che abitavano nella casa accanto. E poi ricordati che anche questo significa aiuto scolastico. Te la devi cavare da sola altrimenti è falsato l’esame orientativo. Tu questo lo sai bene. Non ci tentare Odla.

– Va bene, ho capito. Non mancherò ai miei doveri. Vado sopra nella mia camera, comincio a fare i compiti perché alle cinque vengono due mie amiche. Andiamo a fare una passeggiata.
Detto questo Aldo, con la testa piena di pensieri, sale velocemente le scale e sparisce nella camera di Odla. Posa la cartella sul tavolo, si toglie il cappello che aveva ancora in testa, si avvicina allo specchio e pone la mano sulla superficie vetrata. Sente il freddo dello specchio ma nulla accadde. Niente da fare deve rimanere Odla.
All’inizio era interessato e divertito ora, dopo poco più di mezza giornata, è ancora interessato ma preoccupato, sente troppe diversità. In quelle poche ore già ne aveva scoperte alcune ma chissà quante l’aspettavano al varco.
Per sottrarsi ai troppi interrogativi che cominciano ad affollare la sua mente decide, per l’ennesima volta, di lasciarsi andare in Odla e aspettare gli eventi.
Un ultimo pensiero però affiora nella sua mente aveva quasi certamente un fratello, questo l’intuisce ma non conosce nemmeno il suo nome.
In realtà non conosce né il nome della bionda madre né quello del padre. Il padre non l’ha nemmeno visto però sa forse il suo cognome, sempre che in quel posto i figli portano il cognome paterno.

Guarda l’orologio che sta su una mensola vicino al letto, mancano trenta minuti alle cinque, tra poco vengono le amiche. Forse è meglio vedere i compiti. Apre la cartella e prende il diario, riesce a individuare il giorno per le materie della mattina. Per l’indomani non ha compiti perché tre ore di lingua sono dedicate al tema in classe, le altre ore dell’orario sono due di teatro e una di attività. Le ore di teatro gli sono più o meno chiare, quella di attività non produce nessun pensiero. Chissà quale attività è?
Quando rimette il diario nella cartella si accorge della busta con gli indumenti ginnici, la prende ma non sa cosa farne, forse deve portarla nel bagno o giù dalle parti della cucina. Non ne ha la più pallida idea. Pensa anche che forse tocca a lui lavare gli indumenti. Ma come? Nel bagno, la mattina, non aveva visto nessuna lavatrice. Chissà se esisteva la lavatrice. Forse c’è il lavatoio all’aperto come nelle campagne da lui conosciute. Decide di girare per casa e fare una ricognizione.
Passando avanti lo specchio vede l’immagine di Odla e ha un piccolo sobbalzo, ancora non si è abituato alla sua nuova immagine ma subito si riprende, e rivolto all’immagine dello specchio dice:
– Odla, aiutami tu.
Non ha risposta, per sua fortuna! Dopo aver controllato se nel bagno c’è qualcosa che somiglia a una lavabiancheria, scende al piano terreno con la busta degli indumenti.

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