Serapo e Nettuno – 2

Quando rimane da sola, Serapo pensa e riflette sull’alternativa: glielo dico o no? È solo una sirena. Già, una sirena. Una divinità. No! Devo dirgli qualcosa ma non proprio la verità. Gli dirò che è una ragazza normale. No! Non va bene. Io una ragazza normale non posso avvicinarla, poi questa è una zona deserta proibita ai mortali.

Questi pensieri la distraggono tanto che nella preparazione di ghirlande non sceglie i fiori adatti al rituale, le altre vestali ridono e l’aiutano a rifarle, anche Seopra l’aiuta ma nei suoi occhi c’è un interrogativo, un sospetto. Serapo ha bisogno di tranquillizzarsi perciò decide in fretta Le dirò la verità, pensa. È un’amica anche molto fidata, qualche piccolo segreto l’hanno già: si carezzano spesso, contravvenendo alla regola che limita l’affetto tra le vestali. Sì, è giusto che Seopra sappia.

Nel rituale del tramonto le fanciulle sono inginocchiate tutte in circolo, l’una vicino all’altra.

Mentre la sacerdotessa compie il rituale di saluto al sole, le fanciulle si abbandonano concentrandosi su gli ultimi raggi del sole, cercando di sentire, il più possibile, l’effetto sulla pelle.  È un rituale molto caro alle vestali, anche per Serapo questo rito è sempre coinvolgente.

Questa volta oltre al tiepido sole sul suo corpo, sente anche la gamba di Seopra vicina alla sua, l’amica le è molto d’appresso e le cerca anche la mano. Serapo sente di trasgredire al rituale, stringe la mano all’amica, si allontana un poco e le lascia la mano. 

Le fanciulle rimangono in ginocchio e immobili fino a quando il sole è molto oltre l’orizzonte e il chiarore del cielo si smorza per dar spazio al buio della notte. La sacerdotessa al centro del cerchio ha, man mano che la luce si affievoliva, alimentato il fuoco sacro.

 Quando sopraggiungono le tenebre, il fuoco è così forte che il corpo delle fanciulle si scalda molto di più di quando è saettato dai raggi del sole.

Al suono del gong le fanciulle si alzano in piedi e intrecciate le braccia dietro alla schiena delle compagne vicine, formano un cerchio, che comincia a ruotare prima piano poi sempre più veloce. Sempre ruotando, le fanciulle si sciolgono dall’abbraccio e si prendono per mano, gli ultimi giri sono velocissimi.

Il fuoco e la rotazione sfrenata stancano a tal punto le vestali che, sempre per mano raggiunto il giaciglio, cadono in un sonno profondo.  Quando la notte e nel suo mezzo, il suono del gong sveglia le fanciulle, un bagno sacro collettivo nella grande vasca del patio, lava e ritempra le loro membra. Morbidi asciugamani, profumi alle erbe e tuniche turchine concludono la preparazione.

Questo rituale è più semplice: In fila raggiungono il fuoco sacro lasciato la sera, la cui fiamma più pacata fa tuttavia brillare i monili d’argento intessuti nelle tuniche per il rituale notturno. Dopo una breve danza al suono di flauti suonati da altre fanciulle, le vestali consumano frutta fresca in onore di Serapide, servita loro da ancelle del tempio. Un canto corale, con prima voce della sacerdotessa, conclude tutto e le fanciulle possono finalmente dedicarsi al sonno fino all’alba.

L’indomani, ancora molto prima dell’alba, Serapo si sveglia e velocemente si prepara per raggiunge la grotta. È ancora molto buio. Nella grotta si muove lentamente, cercando con le mani la parete. Raggiunta l’uscita sulla spiaggia si ferma titubante e spia verso il mare. Tutto è tranquillo, il mare è molto calmo, la riva lambita con dolcezza da pacate onde.

 Lentamente, con gli occhi fissi sul mare, Serapo cammina verso riva. Non nota nulla, nemmeno una pietra che si trova sul suo lento cammino, inciampa e arriva sulla spiaggia “distesa”, si rialza e le sembra di stare bene, la caduta non pare abbia prodotto danno. Sulla riva si ferma titubante, vede qualcosa. È pronta per fuggire ma la vista di una chioma nera e una coda argentata la fermano.

– Sira. Sira! –  urla, entrando in acqua.

La sirena fa capriole, volteggiando nell’aria raggiunge velocemente la fanciulla. Quando è vicina, Serapo le prende la testa con le mani e la bacia sulla fronte. Il bacio è istintivo, in quanto è l’unico consentito tra le vestali.

– Ciao, Sira. Come sono contenta di vederti. Oggi ti aspettavo proprio. Perché ieri non sei venuta?      

– Il mio signore non ha voluto. Ieri hai fatto il bagno da sola?

– Non mi ricordare di ieri. Ho avuto tanta paura. No. Non ho fatto il bagno. Dall’acqua è uscito un “omone”. Sono fuggita.

– Un “omone”? E chi era? Chi pensi che fosse?

– Io non ci ho pensato e non voglio pensarci. Mi ritorna la paura.

Sira le prende la mano e cerca di tranquillizzarla, ma non vuole subito dire a Serapo che l’omone è Nettuno, vorrebbe che la fanciulla arrivasse da sola a capire. Non vuol essere nemmeno complice del dio, lui nei suoi rapporti con le donne umane deve pensarci da solo.

Quando era più giovane Sira era stata sempre disponibile ad agevolare e a “combinare” i rapporti con le fanciulle. Ma una volta era stata punita da Giove perché era riuscita a favorire Nettuno nella conquista di una ninfa, di cui anche Giove si era invaghito. Da allora il patto con il suo signore era stato chiaro, complicità in tutto ma non in amore. La fanciulla dai capelli d’oro le piace, anche la sua timidezza l’attrae, non ha mai conosciuto una fanciulla così semplice, pura e bella. Mentre è assorta in tal pensieri le prende anche l’altra mano e le dice: – Dai, saltami sui fianchi, oggi voglio farti correre sul mare.

Serapo accondiscende e con l’aiuto di Sira si sistema in “groppa”, la sirena le lascia le mani e con lenti movimenti della coda comincia a nuotare a pelo d’acqua. Il movimento e il corpo bagnato della sirena rende instabile la fanciulla che per non perdere l’equilibrio abbraccia l’amica. Una mano tocca il seno di Sira, Serapo vorrebbe ritrarla, ma non lo fa anche perché, in quel momento sente la necessità di mantenersi salda e il seno, ben sodo, è un buon appiglio. Quando Sira si ferma lontano dalla riva, Serapo toglie la mano lasciandola scivolare in una carezza e le viene da pensare il seno di Seopra è più piccolo e meno duro.

– Oggi ti darò una lezione di nuoto, qui l’acqua è alta ed è più facile galleggiare. – Dice Sira aiutando Serapo a scenderle dai fianchi, per niente turbata dalla carezza.

– Mantienimi forte! – urla Serapo. – Ho paura!

– Più di quella di ieri o di meno? Dice Sira sorreggendola per le braccia.

– Molto più di ieri, qua non posso fuggire.

– Ah! Codarda! Vuoi sempre fuggire. Qua sei in mio potere: vita o morte cosa scegli?

– Aiuto! Non mi lasciare! – Urla la fanciulla per lo spavento, non ha capito che Sira scherza e si diverte. I suoi lunghi capelli bagnati hanno formato un treccione informe, che pesa e che le da l’impressione di volerla trascinare sott’acqua. Sira le prende i capelli dall’acqua e glieli sistema sulla schiena e poi la tranquillizza dicendole:

– Ma che urli? Ora sei mia amica. Non ti lascio. Stenditi sull’acqua, io ti terrò per le mani. Che paura hai? Io sono una sirena, con me è impossibile affogare. Se tu fossi un uomo dovresti preoccuparti.

Serapo a questo punto si distende sull’acqua, ha riacquistato la sua allegria e la fiducia in Sira. La sirena, lentamente, la fa scivolare sull’acqua trascinandola per le mani, poi le lascia le mani per un momento. Serapo galleggia per qualche istante ma, non movendosi, sente di scendere sott’acqua, con un balzo piuttosto strambo si butta su Sira cercando di aggrapparsi. Ma Sira si scansa e la fanciulla finisce sott’acqua, tuttavia la sirena, si immerge e abbracciandola, subito la riporta a galla. Serapo è tranquilla, l’intervento è stato immediato, ma è un poco imbarazzata si sente molto stringere dalla sirena, che le carezza anche la schiena.

– Brava Sira, mi hai salvato! Ma riproviamo ancora a galleggiare, come devo muovere le braccia e le gambe per rimanere sull’acqua?

– Brava tu, che non ti sei spaventata. Riproviamo, ti lascerò prima una mano e poi l’altra. Tu muovi alternativamente le gambe ben distese e con le mani sposta l’acqua come un remo. Sira fa distendere la fanciulla e le lascia una mano. Serapo, con i consigli della sirena, muove piano le gambe e con la mano libera impara a galleggiare. Quando Sira si accorge che il peso della fanciulla grava poco sulla sua mano, le lascia anche l’altra mano. Serapo si muove e galleggia però la sua bocca e spesso anche il naso si trovano sotto il pelo dell’acqua. Allora Sira con una mano le sorregge il mento, con l’altra le solletica la schiena e in maniera scherzosa le dice:

– Ma come è brava questa ragazza, nuota già come un pesciolino! Solo la testolina è un po’ rigida, tienila un poco più su, che provo a lasciarti sola. Posso? Ti senti sicura?

– Si. Lasciami ma per poco. Sono stanca.

– Va bene ti lascio. – La lascia.

– Faccio un tuffo e torno. – Dice immergendosi.

– No, No! Dove vai. Malvagia!

Sira non la sente è giù in profondità, ma da sott’acqua la segue con lo sguardo e si accorge che più o meno Serapo galleggia, poi prima che la fanciulla si stanchi le va da sotto, l’abbraccia forte e con un guizzo della coda la porta, con un salto, fuor d’acqua. Serapo urla, ma di sorpresa non di paura, e si stringe forte alla sirena.

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