Dopo la cena al motel, anche questo sabato siamo arrivati nel sotterraneo poco prima di mezzanotte. Il portone del castello era spalancato, non abbiamo capito il motivo ma sicuramente non lo era per noi.
Appena entrati nel cortile il conte Markus ci è venuto incontro e ha baciato Giulia, questa volta sulla guancia. Forse per la mia presenza.
Giulia dice a Marcus di voler visitare la sala quadri.
Appena entriamo, noto il soffitto a lunette decorate con strani disegni, quasi astratti. Anche Giulia li ha notati e deve averlo chiesto al conte.
Mi ha tradotto la spiegazione dei disegni: – Markus mi ha detto perché i disegni sono così strani. La progenitrice della principessa era una pittrice ma purtroppo non molto sana di mente. Infatti tra i quadri c’è un suo autoritratto che, quando lo fece, definì “il mio fantasma”.
Noto un quadro che rappresenta sicuramente un’antenata di Giulia. Le dico di avvicinarsi al ritratto. La somiglianza è perfetta. Il vestito è lo stesso che lei indossa. Il monile tra i capelli, dello stesso colore, e il gioiello pendente al collo anche sono uguali. L’unica cosa diversa sono i capelli sciolti e lunghi.
Ci fermiamo a guardare il quadro del “fantasma” che è sistemato tra quello dell’antico principe e quello, mi traduce sempre Giulia, dalla sua amante ufficiale. Una gran bella giovane ragazza di origine popolari, era una servetta. Uccisa poi dalla pittrice mentre posava come modella.
Il conte e la “mia ragazza” si allontanano, sempre più vicini escono dalla sala. Mentre sono ad ammirare i ritratti degli attuali castellani, sento una mano che tocca la mia. È Armela che mi ha raggiunto nella sala quadri. Il suo arrivo mi è molto gradito. La guardo e mi accorgo, per la prima volta, che i suoi capelli sono dello stesso colore di quelli di Giulia. Mi viene da pensare che in quel castello sono tutti consanguinei. Forse l’incesto non era un tabù.
Armela si avvicina, ci baciamo. Non so decidere bene, siamo soli ma il posto non penso sia adatto per continuare. Per distrarmi decido di scioglierle i capelli, che porta sempre raccolti in alto.
I lineamenti delicati della principessina, con i capelli sciolti, assumono avvenenza e tutto il viso appare luminoso e passionale. La prendo per mano e usciamo dalla sala quadri. Vorrei portarla nella mia camera ma non ho la minima idea dove sia. Per me il castello è un labirinto. L’unico percorso che ho memorizzato è quello che porta ai giardini. È li che mi dirigo.
Ancora una volta costringo il mio desiderio a smorzarsi, distraendolo passeggiando abbracciato alla dolce e bella fanciulla. Per lo meno ci tento ma con difficoltà in quanto tra noi non è possibile un dialogo. Le uniche e ripetitive parole che possiamo scambiarci sono i nostri nomi.
All’improvviso ho un’idea: perché non insegnarle alcune semplici parole. Per lo meno quelle che posso farle vedere o sentire. Mano, dito, naso, vestito … bacio, carezza, pizzicotto … e tante altre.
Con la lezione di lingua, che lei segue con molto interesse anche divertendosi, finalmente il desiderio svanisce.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff