Il rudere – settima parte

Sono a casa da due giorni e sono in piena attività. Per fine settimana, devo consegnare due progetti che ho in ibernazione da un po’ di tempo. Anche Giulia ha molto da fare. Tra noi due solo telefonate veloci di saluto, eppure avremmo tante cose da dirci, principalmente per la nostra esperienza “nel rudere”.

Stanotte ho fatto uno strano sogno. Era una limpida alba e nel cielo, come fantasmi, c’erano le teste degli abitanti del castello. Al centro più evidenti c’era la testa di Giulia vicina a quella del suo corteggiatore.

Le ho telefonato e raccontato il sogno.

– Anch’io ho fatto lo stesso sogno con le teste nel cielo. Ma era il tramonto e la tua testa era vicino a quella della giovane principessina. Io non c’ero. – mi ha detto Giulia. – poi ha aggiunto: – Sabato torniamo al rudere e vediamo cosa succede?

– Sabato mattina devo consegnare il mio lavoro all’impresa. Possiamo andare al rudere al pomeriggio. – le ho risposto.

– Se è a mezzanotte che si apre il varco è meglio andare più tardi. Anch’io sabato mattina ho da fare. – ha concluso lei.

Come avevamo deciso. dopo pranzo siamo partiti per il rudere. In auto abbiamo cercato di chiarire quello che ci era accaduto durante la notte nel castello. Ma non siamo giunti ad alcuna comprensione del fenomeno.

–  Sono sempre più convinta che non sia un sogno. Il luogo e le persone appaiono troppo reali. Anche se le tocchi le senti vive. – dalle parole di Giulia traspare una piena consapevolezza.

– Per “toccare” ti riferisci al tuo corteggiatore – tento una provocazione.

– Mi sembra che anche tu ti “destreggi” con la giovane principessina. – è la sua pronta risposta.

– Ma è una principessina? A proposito di lei, ha i capelli dello stesso colore dei tuoi. L’hai notato?

– Sì, la madre è la sorella della principessa. Suo padre è il principe. – mi chiarisce Giulia.

– Il principe? Ma allora è una pacifica convivenza. Oggi diremmo … una famiglia allargata.

– Questo non lo so bene. Forse potrebbe essere il matrimonio precedente del principe o un accordo per la discendenza. Oppure altro … Non ti sei accorto che il sesso nel castello sembra molto libero? Già il fatto che le camere da letto siano individuali e in due ali lontane del castello presuppone un libero comportamento. E poi i servi che mettono a letto gli abitanti del castello di sesso opposto? Non è tutto così strano? – mi dice Giulia.

Quando siamo in vista del rudere, mi è venuto in mente che non avevamo portato la cena. L’ho detto a Giulia:

– Stasera per cena non abbiamo nulla. Il lavorare tutto il giorno ci ha distratto.

– Se va tutto bene … Ceneremo al castello. – ha risposto lei, ironica e divertente.

– Già, giusto. Solo che hai dimenticato che dobbiamo aspettare la mezzanotte. Forse conviene trovare un posto dove cenare. Lungo la strada, prima di questa stradina collinare, ho visto un motel e qualche ristorante.

Sollecitata la mia Giulia subito ha elaborato: – Ora è ancora giorno. Andiamo al rudere e cerchiamo di scoprire altro. Più tardi andiamo a cenare al Motel, l’ho notato anch’io. Aspettare la mezzanotte nel sotterraneo freddo e umido non ci fa bene. È meglio arrivare tardi.

– E il plaid? L’hai portato? – mi ha chiesto lei.

– Sì. È sempre nel bagagliaio.

La cenetta al ristorante del motel è stata una buona idea. Anche se siamo arrivati molto tardi, il motel era deserto ma il forno era ancora acceso. Per cena abbiamo gustato un’ottima pizza “margherita”.

A mezzanotte il varco puntuale si è aperto. Ma c’è una nuova visione: un portone.

– Cos’è questa novità? – sorpresa commenta Giulia.

– Speriamo che sia il portone del castello. Proviamo a bussare. – aggiungo io.

– Ma come? Con le mani? Non vedo campanelli. Non c’è nemmeno una serratura.  – dice lei.

Ha ragione tranne le due ante di legno, non c’è altro. Mi accorgo, guardando bene, che alla sinistra vicini allo stipite pende una sottile cordicella. Lo dico subito a Giulia:

– La, la. Vedi quel cordino? Prova a tirarlo.

Giulia mi guarda e mi dice: – Sì, lo vedo. Ma sei sicuro che sia il modo per entrare? E se è un trabocchetto?

È la prima volta che vedo la mia ragazza timorosa. Di solito ha coraggio da vendere. Con tutte le stranezze della prima visita al castello, non ha tutti i torti.

– Non ti preoccupare. Tu tira la cordicella e vediamo cosa succede.

Convinta lei allunga la mano e da un veloce strappo al cordino. Quasi come fosse pronta a fuggire. A me viene da sorridere, mentre il suono di una campanella risuona lontano. Contemporaneo al suono sento sul corpo un cambiamento d’abito. Anche Giulia ha il suo elegante vestito azzurro.

Un servitore e una ragazza aprono il portone. Ci riconoscono. Infatti la ragazza accenna a un inchino, lui sorride e ci fa cenno di entrare dicendo qualcosa, forse di saluto, ma che come al solito io non sento. Giulia a sua volta sorride e risponde, con parole che sento ma non capisco.

Quando siamo arrivati al castello doveva essere di pomeriggio, perché il sole era già molto alto.

Il maggiordomo e un cameriere, con vassoio contenente bicchieri e un brocca bianca, ci vengono incontro. Il maggiordomo dice qualcosa a Giulia.

Li seguiamo nel giardino dove i castellani sono a fare siesta. I nostri giovani amici ci accolgono con entusiasmo.

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