Il rudere – quarta parte

Mi avvicino all’apertura, percuoto con i piedi e con le mani la pietra scorrevole. Urlo per chiamare Giulia. Ma è tutto inutile. Nessuna risposta e nessun movimento dell’apertura. Avvilito, sento le forze che mi mancano, mi gira la testa per il turbinio mentale di pensieri angoscianti.

Depresso mi siedo per terra, con le spalle poggiate alle rovine della torre. Sono tanto turbato che non sento il movimento della pietra che scorre. Vedo improvvisamente il volto di Giulia che appare dall’apertura.

Mi guarda turbata e mi dice: – Ma cos’hai? Cosa è successo? Ero preoccupata perché non ti vedevo tornare.

– Giulia, amore mio, ho spinto la pietra più volte ma il passaggio non si apriva. Mi sono avvilito e abbattuto, Ora sto meglio, non ti preoccupare.

– Il passaggio non si apriva? Ma hai spinto la pietra giusta? – si avvicina, mi guarda e aggiunge – Ti è tornato il colorito. Avevi il volto bianco come un fantasma.

Va bene che il posto si presta, ma addirittura mi vedevi trasformato in uno spettro? – mi viene spontanea la risposta.

Giulia sorride alle mie parole e dice: – Mi sono avvilita. Ti aspettavo seduta sui gradini. A pensarci è molto pericoloso. Se dovesse succedere quando vogliamo uscire dal sotterraneo?

– Aspetta un momento. Hai detto seduta sui gradini? Con i piedi sulla pietra in fondo alla scala?

– Sì. Perché?

– Mi viene il sospetto che sia stato questo la causa della mancata apertura del passaggio.

– Perché? Dopo un poco che stavo seduta il passaggio si è richiuso.

– Ma i tuoi piedi continuavano a stare sulla pietra e forse non permettevano una nuova apertura.

Mentre commentavamo l’accaduto, il passaggio si è richiuso. Passata del tutto la paura, mi sono alzato e sono andato a spingere la pietra. Il passaggio si è riaperto.

– Vedi che non sbaglio pietra?

– Hai ragione. Le due aperture evidentemente insieme si annullano. Dai scendiamo. – ha detto Giulia – poi mi ha guardato e ha aggiunto – Ma vuoi prendere il benedetto plaid? O preferisci uscire dopo, per lasciarmi di nuovo sola?

Aveva ragione l’avevo dimenticato a terra, vicino al luogo del mio “tormento”.

Recuperato il plaid l’ho seguita.

Sistemato il plaid sul freddo pavimento del sotterraneo, Giulia mi ha preso le mani, si è seduta dicendomi: – Vieni … Non dovevamo continuare?

Baci e carezze hanno allontanato il ricordo del mio malessere. Quando il desiderio e le carezze sono diventate intense lei si è allontanata, si è alzata in piedi e, mettendosi la maglietta, ha detto: – Fermiamoci. Il posto non credo che sia adatto. Siamo qui per il muro.

Sempre saggia la mia ragazza. Aveva ragione. Le sue parole hanno subito spento il desiderio ma lasciato intatto il piacere dell’approccio.

Guardo Giulia di profilo e noto una somiglianza con quello della principessa a cavallo. Glielo dico e per verificarlo andiamo vicino alla pittura murale.

– Ma sì. È proprio il tuo profilo, solo il colore dei capelli è diverso e la tua bocca è più carnosa. – le confermo

– Mi madre dice che quando sono nata ero bionda, poi crescendo il colore è cambiato.

In questo posto è tutto strano. Ci mancava anche la tua somiglianza. Non è che sei una discendente della principessa? – le chiedo.

Non credo. I miei bisnonni non erano italiani. – poi aggiunge, mentre apre il cestino – Ho un po’ di appetito. Pranziamo?

– Sì. Ma è meglio che il plaid non lo usiamo come tovaglia ma come coperta. Siamo quaggiù da molto tempo. Non senti  un po’ d’umido? La prossima volta è meglio portare qualche pullover.

Avvolti nel caldo del panno, abbiamo consumato un ricco pasto.

Dopo aver pranzato siamo anche usciti all’aperto. Ma sempre a turno per non perdere di vista il muro bianco.

– Quando è stato il mio turno, ho detto a Giulia: – Mi raccomando, stai lontano dalla scala.

Sono rimasto fuori poco tempo per non lasciarla sola. Ero leggermente preoccupato perché aveva detto che si sarebbe dedicata alle pietre bianche per trovare un eventuale passaggio.

Quando sono tornato, insieme abbiamo spinto una alla volta tutte le pietre. Non ne abbiamo tralasciato nemmeno una, partendo dal filare più in basso e terminando a quello in alto. Ma è stato inutile. È servito solo come distrazione per far passare il pomeriggio. La muratura era perfetta, compatta e solida.

Guardo l’orologio è quasi mezzanotte. Per cena, abbiamo mangiato tutto. Il cestino è vuoto. Sono rimasti solo alcuni dolcetti.

Giulia allunga una mano fuori dal plaid e recupera gli ultimi due.

– Mangiamo i dolcini e poi andiamo via. È molto tardi. – le dico.

– Ok. Un ultimo bacio e sono pronta. – è la sua risposta.

Mentre ci baciamo, anche se gli occhi sono chiusi, ci accorgiamo che un forte chiarore ci illumina.

Ci giriamo. Il muro bianco non c’è più. Dal varco esce  una luce abbagliante.

ffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff

 

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