Una pagina al giorno – sesto episodio

Il testo (ridotto) è ricavato da “Una pagina al giorno” di Daniele Conventi.

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Noi non possiamo morire

Sesto episodio

Giulia era distesa nel punto più buio della costruzione. Decine di tagli, abrasioni e lividi le coprivano il corpo. La sua capacità rigenerativa stava facendo gli straordinari e cominciava ad avere tregua solo ora. La ragazza era svenuta, esausta. Si era dimenata per ore, sbattendo contro le pietre, sfregando i denti, facendo forza contro i legacci. Cercava di mangiare. Voleva la ciotola, voleva la carne. Era l’unica cosa a cui aveva pensato per tutto il tempo. Non si era neanche accorta che da ore nessuno si era più fatto vedere da lei.

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Giulia aprì gli occhi. Il corpo le gemeva di dolore. La carne era vicina a lei, allungò il braccio ignorando i muscoli contratti e accorgendosi, per la prima volta, di avere le mani libere

Prese la carne con una mano, le dita contratte e sprofondate nelle fibre di quel pezzo di muscolo. Il brano era ormai duro e freddo, ma a lei non importava. Emanava ancora l’odore che tanto la attirava. Lo portò alla bocca, ma c’era ancora il bavaglio. Il cuoio si spaccò con un sonoro schiocco al primo tentativo di strapparlo.

Giulia sbranò la carne in pochi morsi, rischiando di soffocare, poi diresse la sua attenzione verso il cuoio che l’aveva tenuta legata, masticandolo rumorosamente e con sforzo.

Si sentiva, per la prima volta, sazia. Nessun dolore, niente fame.

<< Oascii?>> si chiese prima di addormentarsi.

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L’uomo era in fila come tutti gli altri. Aveva atteso tanto dall’inizio della cerimonia, ma finalmente aveva tra le mani la carne. Stava per andarsene, quando gli balenò in mente un’idea, e chiese un secondo pezzo. Il sacerdote lo guardò dubbioso, quindi fu costretto a spiegare per raggiungere il suo scopo.

Si allontanò dalla fila pensando alla femmina appena catturata. Era una dei “senza tribù”. Gli faceva pena. Qualcuno degli altri guerrieri l’avevano derisa, approfittato della sua fame per farla comportare come gli Altri. E per un po’ lo era diventata. Sguardo folle, affamata, incurante e pronta a tutto per addentare la carne.

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La compativa. Il villaggio aveva cibo a sufficienza, ma lei sarebbe diventata comunque altra carne. Poi sarebbero morti tutti lasciando lei e le altre prede a strisciare in questo mondo morente.

L’uomo si avviò verso la costruzione dove avevano lasciato la femmina, deviando giusto un attimo per prendere un otre d’acqua. Dall’interno non venivano rumori e la poca luce del giorno non aiutava a vedere all’interno. Il sole stava da tempo al tramonto e la cosa non era a favore del guerriero. Fra poco sarebbe iniziata la festa l’”ultima festa”, l’ultima volta che tutto il villaggio avrebbe visto il sole prima dell’ultimo sonno.

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Si avvicinò cautamente all’imbocco della costruzione, chiamando la femmina. Anche se lei non capiva la sua lingua gutturale, avrebbe capito di certo cosa lui volesse. Per rafforzare il richiamo sventolò davanti a se il brano di carne miracoloso. Gocce di sangue caddero dalla carne con un ticchettio amplificato dall’eco interno.

Le avrebbe tolto il bavaglio e permesso di mangiare, ma non vedeva niente di ciò che c’era dentro.

Giulia si risvegliò dal sonno. Era assetata e aveva fame, ora sapeva che l’unico modo per non soffrire era mangiare.

Immagine 5

Non avendo risposta, il guerriero fece un ultimo tentativo e lanciò la carne in un punto a metà, praticamente al confine tra la zona rischiarata e quella buia. Niente.

Stava per andarsene, quando con la coda dell’occhio vide qualcosa afferrare la carne. Si voltò per osservare meglio. Il brano di muscolo era sparito. Dal fondo dell’incavo, nella parte più oscura, riuscì a sentire qualcuno masticare. Ma non era legata?

Estrasse il coltello dal fodero ed entrò cautamente. Non aveva paura. Cosa poteva fargli? Era solo un sacchetto d’ossa attaccato alla pelle e a qualche grammo di muscoli. Lui, invece, era uno dei guerrieri più forti del villaggio.

Immagine 6

Giulia stava masticando il cibo. Non aveva visto chi lo avesse messo li. Aveva sentito solo uno “splat”. Prima il cibo non c’era, ora si. Ed era buonissimo. Non aveva lo stesso odore dell’altro ed era anche più difficile da masticare, ma a lei non importava. Il solo fatto che mangiare la facesse sentire meglio, le bastava.

Si accorse dell’uomo solo quando lui era vicino. Troppo vicino. Cosa voleva? Voleva rubarle il cibo. Non poteva permetterlo.

Giulia si immobilizzò. Smise di masticare. Poggiò, in assoluto silenzio, il cibo in un punto vicino a lei. L’avrebbe ripreso più tardi. Tutto il suo corpo si concentrò nel fare silenzio. Si sforzò a non emettere più rumore. Smise quasi di respirare. Si concentrò sull’intruso.

Immagine 7

Il guerriero era teso. Era convinto che la femmina non rappresentasse una minaccia, ma al contempo sapeva di quanto forte potessero diventare un “senza tribù” quando impazziva. Ne aveva affrontati molti, e ne era sempre uscito talmente lacerato e masticato da metterci ore anche solo per rimettersi in piedi. Ma loro, di solito, erano in tanti. Era certo che la femmina fosse impaurita e lo vedeva come minaccia. Si stava difendendo nell’unico modo che le era possibile, nascondendosi.

Il guerriero non voleva minacciarla. Tutti loro stavano per morire.

Il guerriero l’asciò andare l’arma a terra in modo che si sentisse cadere.

Giulia osservò l’uomo che si avvicinava. Lui aveva buttato l’arma, ma lei aveva capito che era un inganno.

Il guerriero mosse un passo alla volta. Portò in avanti l’otre, cercando di farle capire che le voleva solo dare dell’acqua. Immagina che lei non ci vedesse bene, ma di certo vedeva più di lui. Era stata troppo tempo in quel buio per non abituarsi. Gli stessi occhi del guerriero, pian pianino gli stavano permettendo di scorgere le figure.

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Il maschio alzò l’otre e con la mano libera cercò, per tentativi, di aprirlo per far scorrere l’acqua.

Giulia lo vide alzare l’arma afferrandola con due mani. Lei non poteva più aspettare. Non poteva permettergli di rubarle il cibo. D’improvviso, scattò in avanti. Il suo peso era talmente scarso da risultare un soffio di vento contro il corpo del guerriero, ma lui aveva abbassato troppo la guardia.

Il maschio cadde a terra rovesciandosi l’acqua addosso.

Lei gli era sopra e lo stava aggredendo.. Colpì la femmina con una testata. La donna non ebbe un attimo di esitazione.

Immagine 9

Ritentò di nuovo, mirando, stavolta al naso. Il suono di cartilagine che si rompeva gli diede la certezza di aver fatto centro.

Lei lasciò la presa, sofferente, coprendosi il volto con le mani. Lui ne approfittò per scagliarla contro il muro.

Il guerriero fece appena in tempo a recuperare il coltello, maledicendo la sua bontà d’animo e quella femmina impazzita, prima di ritrovarsela di nuovo addosso, i denti serrati sulla spalla e il naso grondante di sangue.

Lui strinse i denti per non cedere al dolore e irrigidì i muscoli della spalla. Arma alla mano, sferrò un colpo facendo penetrare la lama d’osso su un fianco di lei, lacerando pelle e muscolo.

Immagine 10

Lei non si fermò, ma strinse ancor più i denti strappando un brano sanguinolento.

Lui non riuscì più a trattenere il dolore e lanciò un grido. Sferrò un secondo colpo, puntando alla testa.

Lei evitò il colpo in testa per pura fortuna. La pugnalata, andando a vuoto, continuò la sua traiettoria lacerandole la spalla. Ma Giulia, nel frattempo, aveva raggiunto il suo aggressore alla gola e aveva serrato i denti sulla giugulare, ritrovandosi la bocca piena di sangue dolce e ferroso.

La femmina lo aveva preso alla gola, spezzandogli il respiro.

Il guerriero continuò ad affondare la lama, più e più volte, con ritmo sempre più lento. Si sforzò oltre ogni limite, conscio del fatto che ora era mortale. Voleva morire si, ma non così, non portandosi come ultimo ricordo quel dolore, quel panico che ora stava provando. Voleva festeggiare il suo ultimo giorno, stare con la sua donna per l’ultima volta. Maledisse di nuovo il suo buon cuore poi perse i sensi.Immagine 11

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