Ho aggiornato l’elenco racconti
https://disegnaredaadulti.com/2014/12/15/elenco-racconti/
………………………………………………………………………………………………………………………………..
Il testo (ridotto) è ricavato da “Una pagina al giorno” di Daniele Conventi.
…………………………………………………………………………………………………………….
Noi non possiamo morire
Quinto episodio
Mi riprendo. Qualcosa mi riempie la bocca, impedendomi di chiuderla e rendendomi difficile il respiro. E’ una fune di cuoio.
Sono con la schiena appoggiata a una pietra. Qualcosa mi stringe i polsi costringendomi con le braccia legate dietro. Non ho dubbi che sia un’altra corda di cuoio e la conferma la ricevo guardando i piedi, anch’essi legati.
Vedo strutture fatte di cumuli di pietre. Qualcosa le tiene insieme ammorbando l’aria di un puzzo rivoltante. Ci sono capanne, fatta da tele di cuoio cucito. Ogni pezza è grande al massimo il doppio di un uomo normale. Vedo altri uomini. Sono più grandi di noi, più muscolosi. Loro mangiano. Di Giulia non vedo tracce.
Ci metto poco a capire di essere in un grosso guaio. Non ho bisogno di notare gli svariati strumenti, armi e decorazioni in osso che riempiono il panorama. Ne è l’odore di grasso e di morte che proviene dalle pietre. In un mondo che offre solo sabbia, pietra e acqua, tutto il resto può essere preso in un solo modo.
Il villaggio di predatori è in fermento. Alcuni sembrano discutere animatamente, ma la loro lingua mi è sconosciuta.
Provo a liberarmi le mani strofinando il cuoio sulla pietra. Lo faccio con cautela, cercando di non farmi vedere. La pietra manca della necessaria ruvidità per essere utile.
Vedendomi muovere, uno di loro mi viene vicino è accompagnato da un altro uomo. Che sembra forte, austero nell’atteggiamento, e il suo sguardo lo fa apparire molto più vecchio di quello che il suo giovane corpo mostra.
Il giovane vecchio mi osserva. Mi muove la testa su entrambe i lati, osservando interessato le cicatrici che ancora sono ben visibili. Poi passa al corpo, si sofferma sulle chiazze nere e sui segni lasciati dai colpi subiti durante l’agguato.
Finito il controllo, il giovane vecchio emette un verso. L’altro corre via a riferire la notizia.
Il giovane vecchio, una volta solo, appoggia una mano su una mia guancia e mi guarda fisso negli occhi. Quel che vedo è un misto di emozioni. Un vortice di tristezza, felicità e… speranza. E mentre mi osserva, inizia a piangere. E’ austero anche in questo. Poche lacrime silenziose, accompagnate da una sola parola.
<< Figlio>>.
Senza dare spiegazioni, si allontana riunendosi ai suoi simili. Io non fiato, colto alla sprovvista: figlio?
Giulia si risvegliò in una specie di caverna. Aveva mani e piedi legati. Qualcosa le bloccava la bocca.
Nella semioscurità della grotta, la ragazza tentò di spezzare qualunque cosa la bloccasse. Non riuscendo, provò a sfregare la cosa che la legava.
Si avvicinò alla parete strisciando.
Un crampo al ventre la colse alla sprovvista, lasciandola a terra dolorante. Era un dolore atroce, da impazzire. Non aveva mai capito perché ne soffrisse, da cosa derivasse. Partiva all’improvviso più volte al giorno. “Fame”, pensò. Angelo le aveva detto come si chiama quel dolore.
Strinse i denti sullo strano materiale che le bloccava la bocca. Il suo morso non era forte, ma anche solo stringere aiutava. E mordendolo scoprì che aveva un buon sapore.
Strinse la mascella più saldamente poi cominciò a muoverla erodendo il cuoio. Ogni frammento le si posava sulla lingua, facendola deglutire d’istinto. Ogni frammento la rendeva più vorace, più affamata.
Un colpo improvviso alla tempia la lasciò stordita per qualche secondo.
Quattro uomini la stavano guardando e sembravano divertiti dallo spettacolo. Erano più grossi di lei e decisamente più forti. La stavano imitando e la stavano deridendo. E da loro sentiva provenire un odore invitante, qualcosa che le fece venire un secondo crampo. Era l’odore di qualcosa di caldo, succulento.
Giulia strisciò, senza badare agli uomini, in cerca della fonte dell’odore.
Uno degli uomini aveva una mano dietro la schiena. Nascondeva un oggetto concavo. Dall’interno qualcosa rilasciava un lieve alone di fumo.
L’uomo con l’oggetto si chinò verso di lei, prese in mano la fonte dell’odore e gliela mise davanti. Era dello stesso colore della pelle abbronzata, con aree ancora rosse e grondanti sangue.
L’uomo rise nel guardare l’espressione della ragazza davanti al pezzo di carne cotto e lo fece oscillare davanti a lei osservando i suoi occhi seguire il movimento, poi lo lanciò lontano nel punto più buio della costruzione.
I quattro rimasero lì per un po’, a osservare la ragazza strisciare verso la carne, cercandola nel buio con l’olfatto. La sentirono rosicchiare il cuoio cercando di mordere la carne e continuare a tentare invano. Se ne andarono solo quando lo spettacolo era ormai diventato noioso.
La corda è robusta e difficile da rodere con pietre spuntate. Spesso viene qualcuno a osservarmi, costringendomi a smettere. Una coppia mi si è avvicinata. Mi hanno baciato su alcune delle macchie nere che costellano il mio corpo, poi hanno pianto.
Tutto gli abitanti del villaggio sono disposti su due lati, accalcati, ma non si avvicinano. I loro corpi mi creano un corridoio di carne che sembra indirizzarmi verso il centro, verso la piazza.
Non posso andare a destra, ne a sinistra. Due energumeni mi spingono, incitandomi a camminare. Faccio i primi passi. Mi fermo. Continuano a spingermi. Quasi mi buttano a terra.
L’atmosfera è quasi sacra, ma mi sento più un condannato a morte. La scena del film “uomo morto sul miglio verde”. Ma io non posso morire, non così, perlomeno. La mia condanna a morte sarà perpetua.
Continuo, lentamente, ad avanzare fino a quando l’orizzonte mi si apre sul centro del villaggio. Tutti sono disposti a cerchio, in un raggio di un centinaio di metri.
La piazza è una vista inquietante. Al centro si erge un piccolo altare, fatto da una grossa pietra rozzamente smussata, coperto in parte da una coperta di pelle piena di cuciture. Come una barriera di protezione, un cerchio di costole, ancora attaccate alla spina dorsale, circonda l’altare. Quattro teschi, completamente scarnificati, sembrano far la guardia, ognuno poggiato e rivolto in una direzione differente dagli altri.
I due energumeni mi spingono verso l’altare. Li un uomo mi aspetta. E’ il giovane vecchio, il sacerdote e forse anche il capo tribù.
L’uomo ha addosso un mantello di pelle conciata e una collana di denti con un teschio posto al centro, sul petto. Il volto è coperto da uno strato di impasto biancastro, disposto a imitazione delle forme di un teschio. Mi guarda fisso, ma non negli occhi, come se avesse timore di me.
Il sacerdote continua a guardarmi. Le sue mani sono incrociate dietro la schiena, ma intravedo un pugnale d’osso inciso. Quando siamo a meno di un metro di distanza, lui si scansa e mi lascia passare, quasi in un inchino.
Dal centro della piazza, mi guardo intorno. Ho l’impressione che sia venuto a guardarmi l’intero villaggio. Nessuno urla, né parla..
I due energumeni mi fanno stendere sull’altare. Non reagisco. So che è inutile. Posso sperare nel risveglio.
Il sacerdote si inginocchia, portando il suo petto all’altezza del mio. Lo guardo nei suoi vecchi occhi, circondati da acqua e polvere d’osso. Sta piangendo sommessamente. Scioglie le braccia da dietro la schiena, mostrandomi il pugnale. Lo afferra con due mani, mentre gli energumeni mi tengono ferme braccia e gambe, impedendomi qualsiasi movimento. Lo sento sussurrare qualcosa, abbassa la testa, quasi in preghiera. Mi sta pregando. Sento il respiro sul mio orecchio. Sento le sue parole.
<< Figlio, io prego … donaci la morte>>.
Affonda il pugnale.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Pingback: Elenco racconti | disegnare da adulti
L’ha ribloggato su Daniele Conventi autoree ha commentato:
Quinto episodio della trasposizione ad immagini del mio racconto. Se vi piace lo stile vi consiglio di dare un’occhiata al sito d’origine (disegnare da adulti).