La coperta a quadri (illustrato)

Ancora un racconto dal cassetto

La stagione invernale è iniziata da pochi giorni e Alberto non ha coperte. In primavera si è separato dalla moglie che ha portato via anche il letto matrimoniale. A lui è rimasto il letto degli ospiti.

Esce per comprare una coperta e altra biancheria. Acquista facilmente lenzuoli, federe ma la coperta non riesce a trovarla. I negozi del quartiere vendono solo quelle matrimoniali. Che fare? Potrebbe adoperare una coperta matrimoniale piegata a metà ma soffrirebbe il caldo, l’inverno era all’inizio. Poi lui di “matrimoniale” non ne vuole sapere più niente. Ha quasi deciso di comprare la coperta grande quando, passando davanti a un negozio di antiquario, vede una stoffa a quadri bianchi e blu. Che fosse una coperta?

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Entra. È proprio una coperta. L’antiquario gliene fa vedere anche un’altra sempre a quadri più piccoli, con i colori rosso e azzurro. Non ha dubbi, la seconda è più allegra. L’antiquario, piuttosto anziano e forse anche un po’ sordo, non capisce bene e comincia a impacchettare quella a grandi quadri bianchi e blu.

Alberto si accorge subito dell’errore, sta per parlare quando è preso da una tosse impetuosa. L’altro, tranquillo, completa la confezione e dice: – Prezzo speciale per lei, solo venticinque euro. Vedrà signore starà caldissimo, coperte così ce ne sono poche al mondo. Ma si curi questa tosse!

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Continuando a tossire, Alberto paga e esce. Appena fuori si accorge che la tosse è sparita. Sta per tornare indietro per cambiare la coperta ma desiste. Tanto una coperta vale un’altra pensa.

Quella sera a letto, si trova proprio a suo agio. Il vecchietto aveva ragione, la coperta è davvero eccezionale: morbida, leggera e calda. Si addormenta sereno e per un paio d’ore riposa bene. Poi lentamente si sveglia: – Ma dai, vattene nel tuo cestino. Che fai? Mi cammini addosso. Va via, Macchietta.

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Nella separazione, Alberto ha ereditato il cagnolino, la consorte non sopportava gli animali. È un cane molto tranquillo non aveva mai dato fastidi di nessun genere. Strano pensava Alberto, mentre si riaddormenta. Dopo poco si risveglia, sente piccoli movimenti sulla coperta. Non si muove, non fiata e cerca di capire cosa succede. Qualcosa strisciava sulla coperta e si fermava, poi ricominciava ma da un’altra parte. Ma quello che poi lo sorprende sono, di tanto in tanto, tre picchiettii consecutivi. Alberto non è un tipo pauroso, non crede ai fantasmi ma non osa muoversi. Allunga una mano e accende la luce del comodino, guarda Macchietta che dorme tranquillo nel suo cestino. Sta un attimo fermo per risentire il fenomeno ma nulla accadde, nessun segno di movimento sulla coperta. Spegne la luce e sempre all’erta si “riaccuccia” sotto la coperta. Dorme fino al suono della sveglia.Immagine 4

Per quindici notti il fenomeno si ripete, ma mattina si sveglia riposato malgrado la veglia.

La durata dei movimenti sulla coperta diventa più lunga. Non ha il coraggio di guardare. Capisce che il fenomeno è strano, molto strano ma non sente alcun pericolo.

Spesso passa davanti al negozio dell’antiquario, è sul percorso che lo porta alla metropolitana. Un giorno entra e chiede a un giovanotto presente nel negozio: – Buongiorno, c’è il padrone? Mi ha venduto una coperta a quadri, una quindicina di giorni fa.

– Buongiorno a lei. – risponde il giovane – Sì, mio zio. Non c’è, è partito per la Cina proprio quindici giorni fa. Diceva una coperta? Ho sentito bene?

– Sì. Ho detto proprio una coperta a quadri bianchi e blu.

– Una coperta? Ma noi non abbiamo mai venduto coperte. È sicuro di averla comprata qui? Ma gli ha venduto anche il cuscino e le lenzuola? Forse prima di partire…

Alberto non era disponibile a farsi prendere in giro, per giunta da un ragazzo: – Giovanotto, non sia impertinente. Il suo sciocco umorismo lo conservi per altri. Suo zio non c’è e lei non sa nulla della coperta a quadri. Giusto?

– Mi scusi non volevo offenderla, sono di carattere allegro. Non mi sarei mai permesso una tale impertinenza. Mi scusi di nuovo.

– Va bene. La scuso. Ma purtroppo non mi è stato di nessun aiuto. La saluto.

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Alberto si avvia  per uscire, ma si ferma proprio sull’uscio perché l’altro dice: – Aspetti un momento. Lei parla di una coperta a quadri, mio zio la chiamava: a scacchi. La portò da uno dei suoi soliti viaggi dall’oriente.

– Poco mi ha detto, la ringrazio comunque. Arrivederci.

Altro che poco. Quella notte ha la conferma che la risposta del giovanotto è valida. Aveva detto scacchi non quadri. La coperta ha, al centro, proprio sessantaquattro quadrati con i colori alternati, sembra proprio una scacchiera. Lui, da giovane, era stato un modesto giocatore del gioco.

Quella stessa notte segue i leggeri movimenti della coperta e anche se visivamente sono poco osservabili; sulle gambe e sulle braccia, che ha infilato sotto la coperta, sono molto chiari. La coperta gioca a scacchi da sola contro se stessa, come un computer. È chiaro anche il picchiettio: corrisponde alla mossa del cavallo. Ora il mistero è svelato. Quando la partita finisce, dopo circa due ore, lui riprende a dormire.

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Non diventa pazzo, anche se per l’ex moglie, per gli amici e per tutti i conoscenti lo è. Lo vedono in giro sempre con lo stesso vestito. Porta con sé sempre libri e manuali di scacchi, recensioni sui tornei e sulle vite dei campioni. La sua non è follia ma solo un forte interesse alla coperta a scacchi. Ogni notte segue le mosse sulla coperta e le riporta su una scacchiera vera.

La sera prima di dormire, la mattina prima di uscire, il sabato e la domenica studia sui manuali le partite dei campionati internazionali. Più passano i giorni e più capisce la tecnica degli scacchi.

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Un giorno, leggendo una rivista scacchistica, trova il modulo dell’iscrizione a un torneo cittadino per dilettanti. Si iscrive. Il sabato e la domenica, partecipa alla gara. Il primo giorno è solo il successo di aver superato subito le selezioni, ma il secondo è il trionfo.

Vince la finale, tanto facilmente, che gli organizzatori pur decretando la sua vittoria non gli consegnano il premio, non credono che sia un dilettante. Si prendono dieci giorni di tempo per verificare la sua “professionalità”.

Dopo dieci giorni, ha in premio: una piccola coppa, un pergamena e le congratulazioni della giuria.

Continua a studiare e a partecipare ai tornei nazionali e mondiali. Conosce tutte le partite giocate dai grandi campioni nel mondo, le mosse sono memorizzate nella sua mente e ogni notte altre vengono suggerite dal gioco della coperta.

 

Oggi il maestro Alberto dirige una scuola internazionale di scacchi. In una vetrina dell’atrio c’è una grande coppa che poggia su una coperta a quadri.

Una targhetta dorata così riporta:

 

Mosca dicembre 2012

PRIMO PREMIO CAMPIONATO DEL MONDO

GIOCO DEGLI SCACCHI.

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