Ancora un racconto del cassetto.
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Il motivo per il quale comprò una cyclette non lo sapeva nessuno, neanche lui lo ricordava. La presenza del veicolo sportivo fu determinante per la sua esistenza. Dopo i primi giorni di pedalate, superati i doloretti nei muscoli delle gambe, la passione lo travolse.
Dopo un mese, le passeggiate sul veicolo duravano ore. L’unica cosa che gli creava qualche problema era la presenza del grande armadio, di fronte all’attrezzo ginnico, che dominava la sua visuale rendendo troppo monotono il “paesaggio”.
Fu così che decise di spostare la cyclette in salotto, ponendola verso una grande parete nuda e bianca. La situazione cambiò notevolmente, l’andare sulla cyclette diventò subito piacevole.
Per rompere la monotonia della parete, un giorno chiuse gli occhi pensando di pedalare una bicicletta normale. Dopo giorni di ore a occhi chiusi, nella sua mente, cominciò a visualizzare immagini di strade. Queste si perfezionarono diventando dinamiche, uguali a quelle proprie dei ciclisti.
Un giorno, per caso aprì gli occhi e si accorse che le immagini, ormai persistenti e ben delineate, passarono dal cervello alla retina dei suoi occhi, percorrendo a ritroso il cammino della realtà visiva. Fu allora che la parete bianca divenne simile a uno schermo, animato dalla mente dell’ormai fanatico pedalatore.
Con gli occhi sulla parete, pedalava così su strade diverse. Da quelle in riva al mare a quelle che percorrevano sentieri montani.
Pedalava su stradine di piccole città medioevali e su quelle enormi delle metropoli. Non c’era posto al mondo che lui non visitasse. Non lasciava, durante tutto il giorno, il suo mezzo a pedale. Il pranzo, servito dall’anziana madre, lo consumava rimanendo seduto sul sellino. Anche senza pedalare le immagini persistevano nella sua mente: proprio una realtà virtuale.
Era tanta la sua passione che qualcuno gli consigliò di comprare una bicicletta vera per pedalare nella realtà dei paesaggi, delle città e del mondo. Seguì il consiglio e si fece regalare dall’amorevole madre una mountain bike.
La nuova esperienza non durò, molte furono le cause. La prima di queste era la necessità di ritornare a casa per il pranzo, aveva tentato di portarsi una colazione ma non si trovò a suo agio. Gli mancava anche la varietà delle immagini della parete/schermo. Il percorso di ritorno era monotono. Altre cause, forse peggiori: erano il traffico, le strade non ciclabili, la pavimentazione stradale malandata e l’aria inquinata delle città. Ritornò alla prima passione la cyclette. La parete per anni e anni riempì le sue passeggiate di immagini fantasticamente reali.
La madre, ormai quasi centenaria, fu ricoverata in un ospizio. Dopo il ricovero della madre, lui perse l’assistenza e dovette provvedere a se stesso principalmente per il vitto. Imparò a preparare e cucinare pasti semplici: i panini farciti erano il suo pasto preferito perché poteva consumarli pedalando.
Oggi è anziano. Iniziando a prima mattina, corre tutto il giorno con la sua spider per le strade dell’intero pianeta, il pedalare lo stancava troppo. A orari precisi, un’infermiera si avvicina alla panchina, posta di fronte a una grande parete bianca della clinica, e lo alimenta con una sostanziosa fleboclisi.
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